Wolfgang Willrich (Gottingen, D, 1897 - 1948) - Ritratto di Erwin Rommel
Seconda guerra mondiale. Le grandi giornate: Sbarco in Normandia (3)
6 Giugno 1944 - “Sie kommen” - Dalla breccia di Avranches alla sacca di Falaise
di Mauro Lanzi
Reduce da quello che sarebbe stato il suo ultimo incontro con il Führer, Rommel in Francia dovette confrontarsi con la sostituzione del suo diretto superiore, Von Rundstedt, che si era dimesso per la disperazione; al suo posto era stato designato Von Kluge, un durissimo prussiano, con il preciso ordine di mettere in riga il subordinato, Rommel; non ce ne fu bisogno, o meglio, non ce ne fu il tempo. Il 18 luglio, nel corso di uno spostamento in macchina, Rommel fu mitragliato da un caccia inglese; gravemente ferito fu ricoverato in ospedale, mentre a Berlino si consumava il dramma del fallito attentato ad Hitler (20 luglio, “Operazione Valchiria”)). Rommel non aveva partecipato alla congiura, ma nelle carte dei congiurati figurava il suo nome, come possibile sostituto di Hitler; tanto bastò. Mentre era in convalescenza nella sua casa in Baviera, tre mesi dopo l’incidente, Rommel ricevette la visita di due uomini della Gestapo che gli imposero di suicidarsi. Scompariva così, vittima della follia hitleriana, una delle migliori menti strategiche della seconda guerra mondiale, un soldato valoroso, un grande comandante militare.
20 luglio 1944 “Operazione Valchiria” – Von Stauffenberg ed il suo interprete, Tom Cruise
Von Kluge assunse direttamente il comando delle operazioni al posto di Rommel, ma dovette ben presto rendersi conto di quanto fossero fondate le preoccupazioni dei suoi predecessori; i suoi rapporti al comando divenivano via via più negativi, senza tuttavia ottenere le reazioni che sperava; alla fine, l’attentato del 20 luglio fece precipitare la situazione. La diffidenza di Hitler nei confronti dei suoi generali divenne paranoia, alimentata dal terrore che il dittatore aveva per la propria incolumità; nessun dialogo fu più possibile, ogni obiezione veniva tacciata di tradimento.
Sull’altro fronte, gli Alleati si erano decisi a rompere gli indugi, spezzando la resistenza degli avversari; due offensive furono organizzate in parallelo, una dagli inglesi direttamente su Caen, l’altra dagli americani nel settore di loro competenza. Il 18 luglio, preceduta da un violentissimo bombardamento aereo, partì l’operazione Goodwood, condotta da inglesi e canadesi, sotto la guida di Dempsey e Montgomery ; l’offensiva aveva obiettivi ambiziosi, Dempsey puntava a raggiungere dopo Caen, Falaise; purtroppo gli effetti del bombardamento furono inferiori alle aspettative: la II Armata (inglesi e canadesi) riuscì ad occupare Caen, ormai ridotta ad un ammasso di rovine, ma dovette poi arrestarsi di fronte alla durissima difesa opposta dai tedeschi attestati sulle colline circostanti; in due giorni gli inglesi persero 6000 uomini e 400 carri armati, più di un terzo della loro forza corazzata in Francia, Montgomery fu costretto a fermare gli attacchi, ammettendo il fallimento di Goodwood. Le ragioni dell’insuccesso apparvero evidenti a posteriori, inutile scagliare una massa di carri contro posizioni fortemente presidiate, più logico iniziare con la fanteria, i corpi speciali soprattutto, riservando le forze corazzate ad una fase successiva,
La reputazione di Montgomery fu gravemente compromessa da questo fallimento, viste soprattutto le baldanzose dichiarazioni della vigilia.
Diverso, fortunatamente per gli alleati, fu l’esito dell’operazione parallela degli americani, ideata e condotta dal comandante delle truppe di terra, Omar Bradley; “Cobra”, questo il nome in codice, scattò il 25 luglio, contro il centro dello schieramento avversario. Determinante per il risultato dell’attacco fu un accorgimento adottato dal genio dell’esercito USA: applicare alla piastra frontale dei carri una specie di vomere che, infilandosi alla base dei maledetti muretti a secco, di cui era disseminato il “bocage”, li sollevava, per l’effetto leva, e li sgretolava in pochi istanti. L’aspetto paradossale è che per realizzare questo manufatto si impiegarono le putrelle di acciaio, gli “asparagi di Rommel”, con cui i tedeschi pensavano di arrestare lo sbarco. Il vantaggio che gli americani trassero da questa modifica fu determinante, in questo modo i carri americani si potevano muovere liberamente per i campi, mentre i tedeschi, a loro volta ostacolati dal bocage, erano costretti a seguire i percorsi stradali; inoltre gli effettivi che fronteggiavano gli americani erano ridotti all’osso, 11 divisioni di cui due sole corazzate, anche queste logorate dagli attacchi subiti: la gloriosa “Panzer Lehr” era ridotta a 2000 uomini e 45 carri.
Bradley aveva affidato l’azione principale al suo migliore subordinato, il generale Lawton Collins. L’attacco di Collins fu preceduto dall’intervento di 1800 bombardieri: già nel pomeriggio del 25 Collins si era reso conto della debolezza del nemico ed aveva spinto al massimo l’avanzata: la sera dello stesso giorno gli Sherman americani avevano occupato Marigny; i tedeschi in ritirata tentarono nei giorni successivi di organizzare una disperata difesa attorno ai principali nodi stradali, ma dovettero ben presto rendersi conto che gli americani avevano infine appreso le tecniche di sfondamento con forze corazzate; avanzavano senza curarsi della copertura ai fianchi ed alle spalle ed erano così capaci di aggirare le posizioni nemiche: si venivano a formare delle sacche, come a Roncey, dove i tedeschi perdevano uomini e mezzi rimasti isolati, la caduta di Coutances il 28 luglio, infine, disarticolò le difese tedesche di settore.
Ma non era finita: il 29 e 30 luglio i combattimenti riesplosero più accaniti, anche per effetto dei rinforzi che Von Kluge si era infine deciso ad inviare, la 2° e la 116 Panzer. Un primo attacco il 29 fu respinto dagli americani a Percy pur a fronte di gravi perdite; i tedeschi tentarono di riorganizzarsi sotto gli incessanti attacchi aerei, puntando su Saint Lo, ma il “bocage” questa volta giocò contro di loro, ritardando l’intervento dei carri ed esponendo la fanteria a durissime perdite. Infine i tedeschi si ridussero a lottare per disimpegnarsi, ritirandosi ad est.
Il successo riportato consentì agli americani di portare a termine la riorganizzazione studiata da tempo; Bradley assumeva il comando di tutta le forze americane, mentre veniva costituita ex novo una III Armata agli ordini di uno dei comandanti più discussi di tutto il conflitto, George Smith Patton. Patton ebbe la fortuna di assumere il comando il 31 luglio, proprio quando le avanguardie americane si impadronirono di Avranches, creando un varco nelle difese nemiche (la “Breccia di Avranches”); Patton seppe cogliere questa opportunità facendo passare i suoi mezzi corazzati per lo stretto corridoio che si era aperto, lanciandoli in profondità; la mossa appariva teoricamente impossibile, l’abilità con cui Patton riuscì ad eseguirla suscita ancora l’ammirazione di tutti gli storici.
Sull’altro fronte, l’iniziale baldanza di Von Kluge si era spenta del tutto: il 30 comunicava ad Hitler: “è dubbio che il nemico a questo punto possa ancora essere fermato: la sua superiorità aerea è schiacciante, ci impedisce ogni movimento…Le perdite di uomini ed equipaggiamento sono terribili…”
Purtroppo per lui, dopo l’attentato del 20 luglio, la sfiducia ed il disprezzo che Hitler aveva sempre nutrito nei confronti dei suoi generali divennero maniacali, il dittatore cominciò a non tenere più in alcun conto le opinioni ed i suggerimenti anche dei più fedeli tra i suoi subordinati, pretendeva ormai di dirigere di persona le operazioni sul campo; un piano di ripiegamento, preparato da Jodl, fu respinto senza essere esaminato, mentre il Fuhrer incitava i suoi ad accelerare i piani per un contrattacco, che doveva coinvolgere tutto quanto restava delle forze disponibili. Quando il 6 agosto il sistema di decrittazione messo a punto dagli alleati (“Ultra”) mise al corrente l’alto comando americano dei piani del nemico, questi considerarono giustamente la mossa nemica più che una minaccia un’opportunità: la notte del 6 agosto i Panzer tedeschi si mossero in direzione di Mortain, incontrando una resistenza crescente da parte delle forze che Bradley e Collins avevano ammassato sui fianchi; ma il peggio doveva arrivare: la mattina dopo, sollevatasi la foschia, iniziarono le incursioni dei bombardieri americani che potevano colpire indisturbati le unità tedesche colte allo scoperto, mentre i deboli tentativi di contrasto della Luftwaffe venivano rintuzzati sul nascere dai caccia americani. Patton nel frattempo allungava la sua avanzata ed avrebbe voluto chiudere l’accerchiamento; a Bradley che gli obiettava i rischi di interferenze con gli inglesi, rispondeva: “Perché non andiamo avanti e li ributtiamo in mare, facciamo un’altra Dunquerque?”.
Le divisioni di Von Kluge si trovavano strette nella morsa degli alleati; fino al giorno 8 agosto, Von Kluge avrebbe ancora avuto la possibilità di disimpegnarsi, ripiegando al di là della Senna, ma ancora una volta ci si mise di mezzo Hitler, con il suo infallibile istinto per peggiorare le situazioni drammatiche: ordinò alle sue esauste divisioni un contrattacco in direzione Avranches, esponendole ad un’altra severa punizione. In un giorno solo gli americani contarono più di 100 carri tedeschi distrutti nella zona di Mortains; Hitler dette la colpa del disastro a Von Kluge, che a suo dire, non avrebbe voluto vincere lo scontro.
Le notizie dei successi americani riprese dalla stampa di tutto il mondo gettavano nello sconforto gli inglesi inchiodati davanti a Caen; invano gli attacchi si ripetevano con costi elevati, le asperità del terreno e l’ottima disposizione difensiva dei tedeschi rendevano penosamente lenti i progressi, malgrado gli inglesi avessero notevolmente migliorato le loro tattiche sul campo, in particolare per quanto riguarda la cooperazione tra fanterie e carri. Particolarmente efficace da parte dei tedeschi si era dimostrato l’impiego dei “Nebelwerfer” specie di lancia razzi a canne multiple capaci di spazzare il terreno in spazi ristretti.
La notte del 7 gli inglesi lanciarono l’operazione “Totalize”; preceduto da un bombardamento aereo particolarmente intenso e preciso, l’attacco prese il via di notte agevolato da potenti riflettori puntati contro la coltre di nubi, che rimbalzavano l’illuminazione verso terra, “il chiaro di luna di Monty” lo chiamavano i soldati.
Gli americani spronavano Montgomery perché accelerasse i tempi dell’offensiva per conseguire il ricongiungimento con la 3° armata di Patton, ottenendo la chiusura di quella che passerà alla storia come la “sacca di Falaise”. Malgrado l’impegno degli attaccanti e tutti gli accorgimenti impiegati, malgrado il ritiro di alcune unità corazzate di punta, dirottate sul velleitario ed inutile attacco a Mortains voluto da Hitler, l’avanzata degli anglocanadesi fu penosamente lenta: i cannoni anticarro da 88 mietevano strage trai carri alleati, la disperata difesa di unità tedesche pur in grave inferiorità numerica misero ancora una volta in evidenza le carenze dei britannici in termini di incisività sul campo, mentre le unità di testa di Patton continuavano a guadagnare terreno; solo il 17 le avanguardie canadesi riuscirono ad entrare in Falaise ridotta ad un cumulo di macerie, ma difesa fino all’ultimo da una quarantina di ragazzi della Hitlerjugend: solo quattro riuscirono a fuggire, nessuno si arrese. Il giorno 16, rigettato un ennesimo folle ordine di contrattacco giunto dall’OKW, Von Kluge decretò infine la ritirata generale: l’ordine fu infine avallato anche da Hitler, che comunque la sera del 17 destituì Von Kluge sospettandolo (a torto) di intese segrete con gli alleati. Richiamato in patria per spiegazioni, Von Kluge, che temeva di essere arrestato al suo rientro, si suicidò ingerendo una capsula di cianuro: lasciò una lettera in cui ribadiva la sua assoluta fedeltà al Fuehrer, documento veramente straordinario perché testimonia l’incapacità degli alti gradi della Wehrmacht, molti fra i quali si suicidarono dopo i fallimenti in Normandia, di concepire una moralità che andasse al di là della più supina obbedienza al dittatore, anche quando erano in gioco gli interessi reali del popolo tedesco.
Il 19 agosto avvenne infine il ricongiungimento tra le avanguardie americane e la divisione polacca a Chambois, ma il varco non era del tutto chiuso; sia i polacchi che i canadesi subivano la disperata pressione di elementi della 2° Panzer, restava quindi aperto uno stretto corridoio attraverso il quale si rovesciava una marea di fuggiaschi, bersagliati dalle artiglierie dei polacchi e dalle incursioni dei bombardieri, che con due tremila sortite al giorno infliggevano loro perdite agghiaccianti. Quella che passò alla storia come “la sacca di Falaise” fu chiusa definitivamente solo il 21 agosto, una parte considerevole dell’esercito tedesco era sfuggita all’accerchiamento, compresi quegli elementi degli alti comandi che animeranno la resistenza nei mesi successivi, ma gran parte dell’equipaggiamento era andato perduto, ogni parvenza di organizzazione militare scomparsa; il territorio intorno a Falaise offriva spettacoli terrificanti, un orrendo mattatoio lo definirono testimoni oculari. Dall’inizio delle operazioni militari, dopo lo sbarco alleato, i tedeschi avevano perso 1500 carri armati, 3500 cannoni, 20000 veicoli e 450000 uomini: meno della metà le perdite degli alleati, per due terzi subite dai britannici, a riprova di quanto accanita sia stata la battaglia intorno a Caen.
L’operazione “Overlord” si concludeva così con una piena, eclatante vittoria delle forze alleate, ma il suo esito non fu affatto così scontato come la conclusione potrebbe far credere; i tedeschi avevano mostrato sul campo capacità di combattenti di gran lunga superiori ai loro avversari, anche il loro armamento, carri armati, pezzi anticarro, fino alle armi individuali era migliore: non era senza motivo la riluttanza di Churchill ad affrettare i tempi di Overlord, l’esercito tedesco nel ’44 restava ancora la più formidabile forza combattente della seconda guerra mondiale.
Se gli Alleati riuscirono a prevalere fu grazie al numero di mezzi e di uomini messi in campo ed al dominio incontrastato dei cieli, ma fu anche e soprattutto grazie agli errori ed alle follie di Hitler, che in prima battuta aveva negato a Rommel l’immediata disponibilità delle divisioni corazzate che avrebbero potuto ributtare in mare gli americani ad Omaha, poi aveva costretto i suoi generali ad una assurda, dispendiosa resistenza su posizioni troppo esposte: il ritardo di quasi due mesi nell’avanzata alleata era stato infine compensato da un successo superiore alle più ambiziose aspettative. Inoltre è stato rilevato dagli studiosi occidentali che se Hitler avesse dedicato all’armamento convenzionale l’enorme dispendio di risorse profuse per lo sviluppo dell’“arma finale”, le V1 e V2, di scarsa efficacia, l’andamento del conflitto avrebbe potuto essere diverso.
Con la fine della battaglia di Falaise cessava ogni resistenza tedesca, il 25 agosto Parigi veniva, simbolicamente, liberata dai carri della divisione Leclerc. Il 4 settembre i britannici entravano ad Anversa, mentre Patton al termine di una epica cavalcata di carri armati il 2 settembre aveva valicato la Mosella, giungendo ai confini tedeschi.
La guerra sembrava prossima alla fine; i russi con una grandiosa offensiva, facilitata dall’impegno tedesco ad occidente, avevano guadagnato dal 4 luglio al 29 agosto ben 450 km sul fronte orientale, riconquistando tutto il territorio russo perduto all’inizio della guerra, giungendo anche ad occupare la Romania: i tedeschi dal ’43 avevano perso due milioni di uomini sul fronte russo. Se l’avanzata dei russi dovette infine arrestarsi per il sopraggiungere della stagione delle piogge e per lo sfinimento delle truppe, gli americani Patton e Hodges avevano ormai il vuoto davanti a sé, le loro forze corazzate superavano di 20 ad 1 il nemico: l’occasione più favorevole sembrava offrirsi agli alleati occidentali.
Ma le cose andarono diversamente: ci fu una serie incredibile di errori da parte alleata, in primo luogo gli inglesi trascurarono di completare l’occupazione degli argini della Schelda, la conquista di Anversa fu inutile, quando avrebbe potuto essere preziosa per alleviare la difficoltà dei rifornimenti. Poi si mise di mezzo Montgomery, che riteneva di poter concludere la guerra da solo; Eisenhower ebbe il torto di ascoltarlo, concedendo ai suoi piani d’attacco in Belgio le risorse, in termini, soprattutto di carburante, che venivano sottratte alle avanguardie americane. In questo modo gli inglesi andarono incontro al disastro di Arnhem, mentre le avanguardie americane, rallentate nel loro slancio, vedevano chiudersi davanti a sé i varchi da una rinnovata resistenza tedesca.
Poi vennero le Ardenne e Bastogne, la guerra doveva durare ancora molti mesi.
A Berlino entreranno per primi i russi.