Aggiornato al 19/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire
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Antoine Watteau – Cerere - 1715

Il Nutrimento Nostrum.

GRANO – SEME

Secondo il retore ateniese Isocrate, i più grandi doni di Demetra all’umanità furono i cereali (il cui nome deriva dal nome latino di Demetra, “Cerere”), che hanno reso l’uomo diverso dagli animali selvatici e i Misteri, che gli hanno consentito di coltivare speranze più elevate per la vita terrena e per ciò che dopo la vita verrà. (Panegirico 4.28)

All’inizio ora e sempre, l′ansia dell’ uomo per il germogliare del seme dalla vagina della terra che dà vita. Primitiva l′ansia dell’ uomo per i cicli stagionali della germogliatura (fioritura) se produrranno e come il beneficio che la terra dà loro.
Il grano era conosciuto circa 10.000 anni fa e, quando si scoprì che, frantumandone i chicchi, se ne poteva ricavare la farina, gli uomini incominciarono anche a produrre i primi impasti che, cotti su pietre roventi, davano sottili focacce, il famoso pane àzimo. Dalla cottura del composto farina-acqua sulle pietre, alla bollitura in acqua il passo è breve e naturale.
Il seme, il grano, il frumento della luce della terra del Mediterraneo.
Il frutto della terra  che unisce l'uomo con la natura, con il Dio della natura. L’ apocalisse dell’ uomo nella natura, nella sua ricerca del Divino.

Miti antichissimi primitivi, ci fanno tornare indietro nei secoli lontani, dove i miti hanno profonde radici una volta nella magia e un’ altra nella religione, i confini non si distinguono bene, sono fluidi la maggior parte delle volte.

Nell’ Egeo preistorico era la Creta Minoica a richiedere il primato. Ma anche altrove, in luoghi piú lontani, nelle grandi civiltà dell’ Oriente, avvenivano le stesse tradizione e celebrazioni per il grano o rispettive, in cicli concentrici, quasi ecumeniche. Non era per caso che la Dea del grano e del pane era Donna la figlia di Zeus, Demetra La grande femmina Che si rafforza e dá forza, Donna la grande iniziata.

La Madre — Dea la suprema “Potnia” o Rea come la chiamavano o Era, o Demetra o Cibele o Madonna o coni nomi che le dettero nell’ Europa, Pasifae o Arianna o Diana o altro.
Demetra + Δημητρα = DE + METRA ΔΗ+ ΜΗΤΡΑ/MHTHΡ
Μητρα significa vagina in Greco.
Vagina e telaio e la terra insieme. E la sua divinizzazione nei molti aspetti della grande Dea sia Rea la chiamassero sia Cibele, sia Demetra.

Demetra (in greco: Δημητηρ, “Madre terra” o forse “Madre dispensatrice”, probabilmente dal nome Indoeuropeo della Madre terra *dheghom mather), sorella di Zeus, nella mitologia greca è la dea del grano e dell’agricoltura, costante nutrice della gioventù e della terra verde, artefice del ciclo delle stagioni, della vita e della morte, protettrice del matrimonio e delle leggi sacre.

Negli Inni omerici viene invocata come la “portatrice di stagioni”, un tenue indizio di come ella fosse adorata già da molto tempo prima che si affermasse il culto degli Olimpi, dato che l’inno omerico a Demetra è stato datato a circa il VII secolo a.C. [i]Le figure di Demetra e di sua figlia Persefone erano centrali nelle celebrazioni dei Misteri eleusini, anch’essi riti di epoca arcaica e antecedente al culto dei dodici dei dell’Olimpo.

La figura equivalente a Demetra nella mitologia romana era Cerere. Nella religione romana Cerere (in latino: Ceres, Cereris e in osco: Kerri o Kerres o Kerria) era una divinità materna della terra e della fertilità, nume tutelare dei raccolti, ma anche dea della nascita, poiché tutti i fiori, la frutta e gli esseri viventi erano ritenuti suoi doni, tant’è che si pensava avesse insegnato agli uomini la coltivazione dei campi. Per questo veniva solitamente rappresentata come una matrona severa e maestosa, nonché bella e affabile, con una corona di spighe sul capo, una fiaccola in una mano e un canestro ricolmo di grano e di frutta nell’altra. Il flamen Cerealis presiedeva il suo culto.[ii]

Il frumento fu tra le prime piante ad essere coltivate. Il centro della sua domesticazione è stato identificato dagli archeologi in località diverse dell’ampia area che dai rilievi iraniani e dalle montagne dell’Anatolia raggiunge la costa della Palestina, comprendendo la valle del Tigri e dell’Eufrate, area che per la sua forma è stata definita la Mezzaluna fertile.

Nella “Mezzaluna” il centro originario della coltura è stato fissato da studiosi diversi in punti differenti. Gli ultimi studi, condotti comparando il corredo genetico dei frumenti selvatici tuttora esistenti e di quelli coltivati, hanno fissato la culla della coltivazione proprio nel centro geometrico della “Mezzaluna fertile” sui monti Karacadag, una catena posta tra l’alveo del Tigri e quello dell’Eufrate.

Archeologi e storici hanno analizzato l’importanza che la coltura del frumento ha svolto per spingere le prime società umane a forme di organizzazione più complesse. Mentre gli ortaggi possono essere coltivati, infatti, anche attorno ad un campo di nomadi, il frumento, nelle condizioni climatiche della valle del Tigri-Eufrate, spinse i primi coltivatori a realizzare reti di canali per estendere la coltura, edificare le prime città difese da mura per tutelare il raccolto nel corso dell’anno e organizzare eserciti per difendere dai nomadi il territorio irrigato dai canali faticosamente realizzati, oltre che per procurare gli schiavi per estendere i canali a nuove superfici. Il frumento ha costretto, in questi termini, l’uomo a organizzare la società civile.

L’assicurare alla città di Roma il regolare approvvigionamento del grano divenne il cardine della politica dell’impero romano. Il frumento rientrava nelle abitudini alimentari della plebe romana, a differenza dei Siciliani, consumatori di hordeum (orzo) sulla base della tradizionale agronomia greca. Le abitudini della plebs romana indussero a promulgare la legge Terenzia Cassia volta a reperire frumento di buona qualità.

Il grano possiede il quadruplo dei geni di un essere umano. Un patrimonio genetico così ampio deriva dal fatto che il grano nasce della fusione di ben tre piante diverse, due graminacee e una pianta erbacea. Non è però ancora chiaro perché si sia conservato un numero così alto di geni di ognuna delle specie di origine.

Il grano duro e il grano tenero sono utilizzati per l’alimentazione umana. Il grano duro contiene più proteine di quello tenero. Dal grano duro si producono semole e semolati dai granuli grossi con spigoli netti, mentre dal grano tenero si ottengono farine dai granuli sottili e tondeggianti.
Le farine di frumento, in generale, sono utilizzate per la panificazione, per la produzione di paste alimentari, di biscotti, di dolci, ecc. In particolare il grano duro è utilizzato per la produzione di pasta alimentare e di pane in alcune zone, quello tenero per la produzione di pane e altri prodotti da forno.

La legislazione italiana (Legge n. 580 del 1967) prevede che la pasta secca debba essere fabbricata solo ed esclusivamente con semola di grano duro. Qualsiasi aggiunta, anche se parziale, di grano tenero costituisce una frode. Non così però in altri Paesi in cui è possibile utilizzare la farina di grano tenero anche per la pasta.
L’Italia è un forte produttore di frumento a motivo, tra l’altro, del clima favorevole a questa coltura. In Italia il frumento occupa circa il 35% dei seminativi, circa un terzo dell’intera superficie in rotazione agraria ed il 70% della superficie coltivata a cereali.

Il significato del pane nella storia mediterranea è arcaica.

Il pane per gli Ebrei aveva un valore sacro e trascendente, e un significato particolare aveva il pane azzimo, che mangiamo durante la Pasqua.
Prima di intraprendere il viaggio che li avrebbe condotti fino alla terra promessa, la Palestina, non avevano avuto il tempo di far lievitare il pane secondo l’uso egizio; così avevano mangiato focacce azzime, cioè fatte di pasta non lievitata.
In ricordo del pane mangiato durante l’esodo dall’Egitto, gli Ebrei, per tutta la settimana di Pasqua, non mangiavano (e non mangiano ancora oggi) pane lievitato.
Il pane azzimo (cioè non lievitato) significa:

  • un ricordo dell’antica festa delle primizie quando si faceva il nuovo lievito con il nuovo raccolto e si eliminava il vecchio lievito fatto con la farina dell’anno precedente;
  • un ricordo della fuga dall’Egitto quando gli Ebrei non ebbero il tempo per lasciare lievitare il pane per il viaggio;
  • un richiamo all’umiltà davanti a Dio, perché il lievito fa gonfiare la pasta come l’orgoglio fa gonfiare il cuore dell’uomo.

Nel Nuovo Testamento il pane, il grano ed il lievito ricorrono spesso; Gesù infatti vi fa più volte riferimento nelle sue parabole, né si deve dimenticare che uno dei suoi miracoli fu proprio quello della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Secondo il linguaggio biblico il gusto del pane caratterizza le diverse situazioni della vita: mangiare un pane di “lacrime” o di “cenere” definisce una circostanza triste (SAL 42,4; IS 30,20 ) il contrario è un pane di “gioia” (QO 9,7).

Il pane è segno di ospitalità , di condivisione. Il pane è la parola di Dio, e non solo. I cristiani ricordano che Gesù nell’ultima cena prese il pane, lo spezzò, lo diede ai discepoli dicendo: “prendete e mangiate: questo è il mio corpo “ ( MT 26,26 ).

Il percorso di vita del frumento non è tutto “rose e fiori”, e gli agricoltori produttori di grano lo sanno bene.Terra e uomini. Terra e vita, legame sacro e insuperabile il seme fertile che darà vita all’uomo.

Seme — grano — insieme all’olivo, indispensabile, sacro nutrimento dei popoli mediterranei da sempre. Il seme che ogni anno muore per rinascere con il nuovo rivivere della primavera.

Il destino primitivo della terra. Il primitivo destino dell’uomo, fatica ma anche dialogo mistico.

La voce della terra che chiama. Richiamo mistico, celebrazione mistica, collegamento mistico.

Dialogo con la natura, con la vita, con la morte. Affermazione di glorificazione della vita, armonia benedetta. Dramma divino.


[i] Nelsson M., 1940 Storia Greca populare

[ii] Cerere era già presente nel pantheon dei popoli italici preromani, specialmente gli osco umbro sabelli e fu, in seguito, identificata con la dea greca Demetra. Il suo nome deriva dalla radice indoeuropea *ker e significa “colei che ha in sé il principio della crescita”. Il culto di Cerere, cui era preposto un flamen minor, era inizialmente associato a quello delle antiche divinità rustiche di Liber e Libera e presentava delle similitudini con i riti celebrati a Eleusi in onore di Demetra (alla quale venne presto assimilata), Persefone e Iacco (uno dei nomi di Dioniso). Renato Del Ponte, Dei e miti italici, pag. 53. Genova, ECIG, 1985


Prima pubblicazione su Nel Futuro: 30/05/2014

Inserito il:07/11/2014 09:43:47
Ultimo aggiornamento:14/11/2014 00:09:15
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