Aggiornato al 21/12/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

G. Battista Piranesi (Venezia, 1720 – 1778) - Arco di Tito (con rilievo di trofei da Gerusalemme)

 

Askenaziti, Sefarditi, Romanioti e altri, gli ebrei italiani, questi sconosciuti (2/2)

di Vincenzo Rampolla

 

 

Si è detto nel primo articolo che in questa ricerca, per risalire alle radici geografiche dei diversi gruppi di ebrei italiani, viene adottata la classificazione secondo i cognomi delle famiglie ebraiche italiane; essa è suffragata dai metodi di analisi della forward linguistica incrociata con l’onomastica ebraica [studio dei nomi di persona in una area geografica]. È un primo passo. Resta forte l’attenzione al peso dei flussi migratori e alle vicende che portano a scoprire che il nucleo degli ebrei italiani non sia né sefardita, né ashkenazita, ma un gruppo esteso e composito, totalmente a sé stante. Gli antenati degli ebrei italiani erano presenti nella penisola sin dai tempi dei Romani e non esiste nella letteratura ebraica un termine condiviso per designare questi ebrei indigeni, chiamati tout court Italiani. Roma, nell’antichità aveva una grande popolazione ebraica e per secoli ha ospitato la comunità con più Italiani.

Storicamente, fu l’imperatore Tito a portare a Roma nel 70 d.C. gli antenati di 4 famiglie ebraiche, detenute dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Da fonti ebraiche queste famiglie risultano dei min ha-tappucḥim (delle mele), dei min ha-adumim (dei [capelli] rossi), dei min ha-anavim (degli umili) e dei min ha-ne‘arim (dei giovani). La più antica fonte scritta italiana di questa tradizione risale a un testo di fine XVI sec. da un membro della prima famiglia di Venezia, Rabbi David de Pomis (latino,delle mele). Anche la più antica traccia della seconda famiglia è dello stesso periodo e si trova in un documento cristiano riferito alla famiglia de Rossi. I membri della terza famiglia risultano da documenti del ‘600, e quelli della quarta, sono del XIV sec.

Si osserva che la maggioranza degli Italiani ha ricevuto cognomi ereditari solo nel corso del ‘500. La nascita dei cognomi, dopo molti secoli in cui l'uomo tendeva a non enunciare nemmeno il nome di un individuo, a conferma della sacralità attribuita, trovò il suo ambiente naturale nella romanità imperiale, quella della frivola nobiltà che doveva distinguersi dalla plebe e acquisire potere, privilegi e incarichi pubblici. Nel tempo fu il sovrano a compilare un registro dei tributi per ogni ebreo; l’accesso a questi documenti ha permesso di scoprire, ad esempio, quali sardi vantassero origini ebraiche. Inatteso il responso: praticamente tutti. Un’altra origine molto comune dei cognomi ebrei si è detto essere quella dei luoghi geografici, per non parlare dell’andazzo di alterarli, variando il significato o deridendoli. La più ricca serie di cognomi è basata sui nomi di località, di solito di città dei dintorni di Roma da cui provenivano le famiglie che si spostavano nel cuore dello Stato Pontificio. Tra queste spiccano i Di Segni, i Pontecorvo, coi Piperno, i Rieti e i Tivoli. Nel 1571, con il censimento degli ebrei di Roma, 278 famiglie erano catalogate Italiani (indigeni) e 110 Tramontani (stranieri).

Molti i migranti ebrei calati in Italia dai territori dell’odierna Francia. Due le ondate. La prima nel 1394, con gli ebrei espulsi dal Paese, molti diretti in Piemonte, terra della Contea dei Savoia a partire dal medioevo, Stato che copriva i territori oggi francesi. Ne fanno parte le famiglie Foa, Segre e Treves, che hanno dato un solido contributo alla cultura dell’ebraismo italiano. Il secondo afflusso arriva in Italia da Marsiglia nel 1501, con l’espulsione dalla Provence, regione annessa al regno di Francia a fine ‘400. Si registrano i cognomi Provenzale, Passapaire e Sestieri (Sestrière).

Un notevole gruppo di ebrei italiani è dato dagli  ashkenaziti. Migrano in gran parte tra il 1200 e il 1600 dalla Germania, nelle province corrispondenti ad Austria e Bavaria, in fuga da pogrom e legislazioni anti-ebraiche. Si stanziano soprattutto nelle zone nord e nord-orientali della penisola: Repubblica di Venezia (Venezia, Padova e Verona), Ducati di Milano e Mantova, area di Trieste. Altri arrivano in Piemonte o scendono nell’Italia centrale e meridionale. Fonti romane di metà ‘500 citano, ad esempio, la Scola Tedesca, comunità religiosa ashkenazita dotata della propria sinagoga. Di loro si registrano i primi cognomi: i Rappa di Norimberga (da cui la famiglia Rappaport diffusa in Europa dell’Est), gli Heilpron (meglio noti Alpron) e i Mintz (o Minci).

Tra gli ashkenaziti del periodo rari sono i cognomi originari. Per questo, molte famiglie hanno comprato i loro cognomi ereditari una volta in Italia. Un esempio: Katzenellenbogen (incerto etimo gomito di gatto) deriva dalla contea medievale di origine renana del fondatore di una dinastia di prolifici rabbini installati a Padova. Molte famiglie ashkenazite finirono per assumere i nomi dalle città ove risiedevano e furono tra gli ultimi in Europa a prendere un cognome: i Bassano, i Colorno, i Conegliano, i Pescarolo, i Soncino (poi Sonsino), i Luzzatto e i Morpurgo.

Gradualmente Tedesco e le varianti Tedeschi e Todesco sono diventate cognomi molto diffusi. In Germania alcuni ebrei presero un cognome verso il XVII secolo, ma la maggior parte degli ebrei dell’Europa dell’est non prese il cognome, finchè non ne fu costretta. Tale processo prese piede con l’impero Austro-Ungarico, nel 1787, per terminare nella Russia zarista del 1844. Nel tentativo di creare una società moderna, a imporre un cognome agli ebrei furono i Governanti, con il fine di poterli tassare, istruire e arruolare nell’esercito. Per secoli i Capi delle varie comunità ebraiche hanno funto da esattori per la propria gente, in nome e per conto dei Governi e fino ad allora nelle famiglie i cognomi venivano cambiati ad ogni generazione.

Verso la fine del ‘700, quando i ghetti cominciarono ad essere aboliti (i primi risalgono al XIV sec., quello di Venezia al 1515), gli Stati europei decisero che anche gli ebrei, fino allora indicati solo dagli epiteti giudeo, ebreo, israelita, semita, dovessero avere un cognome; molti avevano cognome espresso in lingua ebraica, usato nella loro comunità e poterono continuare ad usarlo. La forma più semplice per assumere un cognome ufficiale, fu di adattare il nome esistente, rendendolo permanente. È il classico caso dei patronimici. Ad esempio, figlio di Mendel diventa Mendelsohn, con son in yiddish e sohn in tedesco e nelle lingue slave - polacco o russo - diventa: vich o vitz, anglicizzato in wich o witz. come Itzhak in Itskowitz. C’erano anche i cognomi imposti, molti abbandonati; quelli rimasti, del tipo: Inkyk (turkey); Kalb (cow); Grob (Gruber- coarse /crude). Alcuni ebrei riuscirono a mantenere i nomi ebraici ispirati dalla Torah: Cohen, Cohn, Kohn, Kahan, Kahn, Kaplan, Levi, Lewin, Levine, Levinsky, Levitan, Levenson, Levitt, Lewinson.

Gli ebrei sefarditi appaiono in Italia in momenti diversi. Individui e famiglie erano già presenti tra i XIII e il XV secolo. Dopo la cacciata dalla Spagna del 1492, molti ebrei spagnoli si stabilirono a Roma; tra di essi, alcuni portavano i cognomi Almosnino, Corcos, Gategno. Un gruppo più ristretto, inclusi anche gli Abarbanel, si rifugiò a Napoli e vicinanze e vi rimase fino al 1541, alla cacciata dal Regno di Napoli: Abrami, Coen, Bemporad, Lattes, Levi (della tribù di Levi), Sarfatti (Sarepta, città Fenicia, Libano) Sarfati, Mosè Toaff.

Altri invece assunsero come cognome il nome della località dove si trovava il ghetto da cui provenivano; altri ancora presero cognomi locali come in Spagna: Lopez (patronimico di Lope), Fernandez (ebreo sefardita), Ancona, D’Ancona, Alessandria, Ascoli, Bassani, Bedarida (città della Stiria-Austria), Bassano (Bassano del Grappa), Da Fano, Fermi, Fermo, Ferrara, Forlì, Formiggini (da Formiggine, Francia sud-orientale), Fubini (Fubine, Germania).

È nella seconda metà del XVI secolo che si registra l’arrivo di nuovi migranti ebrei sul territorio italiano: i cosiddetti ebrei portoghesi. Provengono dal Portogallo, dalla Spagna e dai territori sotto la Corona spagnola, tra cui Anversa, oggi città belga.

Questi ebrei, i cui antenati furono convertiti a forza al cristianesimo a fine ‘400, sono di solito chiamati marrrani (marranos). Formalmente cattolici, perchè ogni forma di culto ebraico era vietata e perseguita nei loro luoghi d’origine, la loro fede ebraica era tenuta nascosta. Tra il 1500-1700 ex-marrani si stabiliscono a Genova e in Piemonte. Con l’ingresso in Paesi dove l’ebraismo era tollerato, molte di queste famiglie riprendono a professare la loro fede più liberamente. All’inizio il flusso si concentra su Ferrara e Ancona, ma alla fine del XVI sec.Venezia e Livorno diventano le principali mete. Altri consistenti gruppi di ebrei portoghesi si stabiliscono a Genova e in Piemonte. L’insieme di questi migranti dà vita a grandi comunità di rito sefardita.

Alcune famiglie recuperarono i cognomi dei loro antenati ebrei vissuti nella Spagna medievale: Aboab, Attias, Mazaod and Namias. Altre presero i cognomi che indicavano di quale delle 3 caste sacerdotali facevano parte i loro antenati: Cohen, Levi, Israel. Molti scelsero di mantenere i cognomi usati da cattolici, tra cui Fonseca, Lopes, Mendes, Pinto e Rodrigues. Col tempo, Livorno, unica città italiana con una forte presenza ebraica che non istituì un ghetto, divenne il fulcro della vita ebraica italiana, attraendo molti ebrei di ogni origine da tutte le parti d’Italia. La graduale diffusione del rito sefardita in Italia fu dovuta soprattutto all’influenza degli ebrei portoghesi.

Tra i secoli XVII - XX entrano in Italia, attratti da Livorno, molti ebrei provenienti dal Nord Africa, portatori di cognomi come Busnah, Elhaik, Racah e Sasportas. L’accesso agli archivi dei nomi degli ebrei delle varie comunità ebraiche, ha esteso l’analisi a regioni come Sardegna e Sicilia, oltre a completare la realtà romana. Esempio rilevante e meno conosciuto di insediamenti ebraici in Italia è dato proprio dalla Sardegna.

Con l’avvicendarsi di complessi eventi storici, la regione ha vissuto un massiccio afflusso di ebrei. Ripercorrendo la storia dell’isola questa realtà risale al 19 d.C. quando 4.000 ebrei sono trasferiti forzatamente in Sardegna dall’imperatore Tiberio. L'esilio è citato negli scritti di Tacito, Flavio e Sallustio, e almeno 97.000 ebrei furono dispersi sulla costa mediterranea dopo la distruzione del Tempio nel 70 d.C. creando un massiccio flusso di sbarchi sull’isola. La diaspora ebraica continua incessante dopo la devastazione di Gerusalemme, nel 135 con le guerre giudaiche e nel 313 esplode con l’editto di Costantino: il cristianesimo è legittimato religione di Stato, con la condanna conseguente di ogni libera e diversa manifestazione religiosa, in primis l’ebraismo.

A dicembre 2020, al Ghetto di Cagliari si è tenuto il convegno “Ebrei in Sardegna” in cui si è tracciato un percorso della loro presenza nell’isola. Con le continue immigrazioni, essa ha consentito ai glottologi di provare con elevata certezza che almeno il 20 % di cognomi sardi siano oggi di origine ebraica. Permane la conservazione di un ricco patrimonio di cognomi ebraici e di toponimi, a cominciare da Sìnnai (antica Sìnai), nella tradizione di Abramo da millenni chiamata dai sardi Sinnìa (in ebraico Sinniah ovvero Sîn-IAHWâ, il Dio Luna Sîn e il Dio del Deserto Iahwâ). È decisamente innovativa l’apertura di una nuova linea di analisi legata al deposito di merci affidate al patronus delle navi dirette a Cagliari dopo gli accordi del 1362 con i catalani per il trasporto delle sue merci a Cagliari e a Oristano. L’estrazione dai documenti di circa 9.000 cognomi sardi legati al possesso e alle operazioni di scalo, carico e scarico ha evidenziato un’alta percentuale di riscontri tra i nomi dei vari luoghi, dando vita a una cospicua raccolta di cognomi sardi: Barracca, con variante del cognome Baranca e Branca, al pari di Barranca. Lai, Lecca, Locci, Loddo, Mallocci, Manca, Masala, Mascia, Matta, Mocci, Mossa, Murgia, Naitana, Nonnis, Pudda, Pulina, Saba, Satta, Senes, Sias, Simula, Talu, Tola, Tolu, Urru, Usai, Usala, Utzeri, Zizzi, Zurru.

Sicilia. Molti cognomi siciliani sono legati all’ebraismo e agli ebrei allontanati dalla Spagna.

Il 1° novembre 1478, fu istituita in Spagna l’Inquisizione. Manipolata di fatto dai monarchi, fece molte vittime e molti ebrei convertiti furono torturati e uccisi. Nel 1492 i Re cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona, con il decreto dell'Alhambra costrinsero gli ebrei spagnoli a convertirsi al cattolicesimo o ad emigrare. I convertiti si divisero tra chi accettò la nuova religione e i marrani che praticarono di nascosto la loro fede. Di questi molti ripararono in Sicilia e assunsero cognomi dai nomi di città. Lo stesso anno anche in Sicilia, sotto il dominio spagnolo, gli ebrei furono espulsi. La maggior parte emigrò nel Maghreb e nell'Impero Ottomano, altri andarono in Calabria, che dal IV sec. aveva una comunità ebraica.

Le sinagoghe siciliane furono trasformate in chiese o distrutte. Caltagirone, Catania, Siracusa e Modica furono colpite nella vita economica e culturale, nell’artigianato e nell’industria tessile. Ancora oggi esistono cognomi di chiara matrice ebraica: Amato, Asaro (da Asaraz,1400), Calì, Benedetto, Busacca, Delìa, Donato, Di Benedetto, Bellomo, Bonsignore, Catania, Di Bella, Di Cola, Di Vita, Di Dio, De Caro, Gallo, Greco, Leone, Lo Cascio, Lo Presti, Lo Giudice, Lo Jacono, Messina, Naso, Navarra, Orefice, Orofino, Perugia, Politi, Polizzi, Russo, Sansone, Trieste, Veneziano.

Roma. Nella Roma antica risiedevano non meno di 8.000 ebrei su 1 milione che popolava le  coste mediterranee. Alcune famiglie recuperarono i cognomi degli antenati vissuti nella  Spagna medioevale: Aboab, Attias, Mazaod and Namias. La popolazione nel Ghetto arrivava a circa 7.000 unità, poche per evitare matrimoni tra parenti. Nell’antichità ci si sposava anche tra cugini di primo grado. Quando le donne si maritavano lasciavano la scola del padre per quella del marito e dietro ogni cognome c’era una storia legata alla propria vita.

Alcuni esempi: Della Seta, Funaro e Sacerdoti indicavano i mestieri delle persone cui appartenevano. Il nome degli Zarfati era invece legato alla geografia francese. Altri ancora, i Sermoneta, avevano il cognome della città dove vivevano prima che Papa Pio V li confinasse nel Ghetto di Roma o di Ancona. Ci sono poi cognomi ebraici poco conosciuti come Orefice (di origine siciliana) o De Rossi (di origine romana). I Di Castro, invece, hanno una storia particolare: il cognome si riferisce a un ricco feudo toscano dove si trovava l'allume, minerale indispensabile per la tintura dei tessuti di cui gli ebrei erano abili commercianti. Tipici cognomi sefarditi romani: Almosnino, Consolo, Corcos, Fano, Gategno, Sarfati, Del Monte, Di Porto.  

Grazie ad archivi di cognomi ebraici e alla loro distribuzione nelle regioni d’Italia si può tracciare una prima variegata mappa dell’insediamento nazionale ebraico, anche se ad oggi non esiste un lavoro completo ed esauriente che tratti l’origine e il significato dei cognomi degli ebrei italiani. Un solo caso può far capire come l’onomastica e l’etimo di un cognome sardo come Pola sembri derivare dall’ebraico po’là, pu’là, pu’llà, con il significato di lavoro, ricompensa, ma possa ribaltare ogni aspettativa e essere invece il risultato di Pul, Pula, Pola, re assiro che dominò Babilonia.

Svincolati dalle Regioni, inclusi anche i Romanioti di origine greca trattati nel primo articolo, dopo i patronimici che derivano da un nome proprio, a livello nazionale vengono dati esempi di cognomi toponimici, derivati dai luoghi di origine e tra i più numerosi: Bianchini, Levibran, Levi-Cases Momigliano (tre cognomi), Levi de Veali, Levi Minzi, Levin, Levis, Levitsch, Lewish, Levy, Lewy, Lichtenstadt, Lichtenstein, Lieblein, Liebmann, Limentani, Lindemer, Linder, Liscia, Liuzzi.

Si scoprono anche cognomi che hanno avuto una diffusione capillare come Biondi con le varianti che vanno da Biondo a Bionda, Biondelli, Biondini e Bionducci (legati a caratteristiche fisiche), Brambilla, Bruno, Bianchi, Cattaneo, Costantino, Colombo, Ferrari, Galli Bonanno, Russo, Sala e Villa. Con nomi e dati anagrafici dei circa 7.200 ebrei italiani deportati tra il 1943 e il 1945 si inseriscono altri cognomi che arricchiscono il mosaico italiano. Alcuni esempi: Massimo Adolfo, Adriano Diena, Gioele Dix, Angelo Donati, Tullio, Vitale.

Nomi del XXI secolo. Per concludere e completare la ricerca, emerge ai nostri giorni la famiglia di Alain Elkann, ma anche Antoine Bernheim, ex presidente di Assicurazioni Generali e Susanna Tamaro, di famiglia di origini ebraiche. Una recentissima lista è offerta dai giornalisti di rotocalchi e delle tv pubbliche e private. C’è Gad Lerner, bersaglio preferito, bollato faccia da cancellare, con la deputata Pdl Fiamma Nirenstein, Paolo Mieli e Clemente J. Mimun. Molti i nomi dello spettacolo, come Joele Dix e Luca Barbareschi e dei docenti universitari con Manara, Cantoni, Faith, a Pisa e Milano e degli Istituti di Statistica in mano agli ebrei, come Renato Mannheimer, Direttore dell’Ispo.

 

 

Inserito il:07/09/2021 17:31:14
Ultimo aggiornamento:07/09/2021 17:48:20
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