Aggiornato al 21/12/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Albert Anker (1831-1910) - La siesta - Nonno e nipote - 1879

 

Il Natale di Nonno Alfredo

di Simonetta Greganti Law

 

Nonno Alfredo non era ormai più giovane da troppi decenni.

Da qualche anno viveva in un confortevole istituto, scelto per lui dai suoi figli e trascorreva il tempo che gli rimaneva in una bella camera arredata.  Qui, nell’angolo accanto alla finestra, troneggiava il vecchio orologio a pendolo dal quale non era mai riuscito a separarsi. 

Questo orologio era la sua migliore compagnia.  Le sue giornate trascorrevano stando per ore a fissarlo, come ipnotizzato da quel moto oscillatorio che riusciva a catturare il suo sguardo poiché questo sembrava avere lo stesso potere di attrazione di un caminetto acceso o della televisione.  Il lento isocronismo del suo dispositivo lo cullava anche di notte poiché quel ticchettio, non proprio silenzioso, non lo faceva mai sentire solo o abbandonato. 

L’uomo si rendeva conto che, in fondo in fondo, quell’orologio aveva molto in comune con se stesso.   Come quel pendolo, anche lui nell’andatura barcollava e pendeva ad ogni passo perdendo il baricentro una volta verso destra e una volta più a sinistra.  Inoltre, ormai tutta la pelle, e in particolare quella sotto al collo, gli penzolava ad ogni movimento.  Per non parlare poi di come gli somigliava nei giorni delle feste di Natale!  I suoi figli infatti, pensando di scaricarsi la coscienza dai rimorsi per averlo trascurato tutto l’anno, se lo passavano tra il 24 e il 25 di dicembre come un vero e proprio pacco postale sballottandolo qui e là, per permettergli di trascorrere la Vigilia a casa dell’uno e il Santo Natale a casa dell’altro ma con delle scadenze ben precise sul momento del ritorno.  Una puntualità da far invidia agli orologi dotati di una tecnologia ben più avanzata! 

Eppure nonno Alfredo accettava la cosa con rassegnazione e il suo cuore continuava a battere armonioso scandendo il tempo che gli restava ancora da vivere.  Nonostante il conto alla rovescia diventasse sempre più ridotto, il suo tempo sembrava quasi dilatarsi.  Fluiva pigramente rispetto a quello assai frenetico della sua famiglia. Le agitazioni degli altri non lo coinvolgevano.

La sua giornata trascorreva lentamente, seduto a guardare tutti gli affanni della gente e si stupiva nel vedere il mondo fuori del suo istituto girare così rapidamente.  Provava quasi un senso di ribrezzo verso la società moderna che mutava in un modo così veloce da non permettere a nessuno di trovare il tempo di adeguarvisi.

E’ per questo che se ne stava solo e rassegnato di fronte a tanti cambiamenti.

Ignorato da tutti, a un certo punto ricevette però l’attenzione del piccolo nipote di soli quattro anni. 

“Hei nonno, perché sei senza denti?” gli chiese questo mentre lo scrutava con i suoi occhi furbi.

“Perché ormai la mia vita è tranquilla e non ho più bisogno di azzannar la gente” rispose quello con un sorriso gengivale.

“E i tuoi capelli?  Sono pochi e bianchi!”

“E’ vero – ammise il nonno – ancora un problema in meno.  E’ risaputo che l’uomo nasce senza denti, senza capelli e senza illusioni per poi morire allo stesso modo, senza capelli, senza denti e senza illusioni.”

 “Allora perché i tuoi occhi sono così stanchi?”

“Hanno visto troppe cose. Sono occhi affaticati ma conservano il luccichio della vita che ne illumina lo sguardo.

“E perché hai tante rughe?”  domandò ancora il piccolino.

“Sono i segni di tutta la mia vita: sono le tracce visibili del mio passato. Nel mio cuore però ci sono tantissime altre impronte, solo che queste ultime le posso vedere solo io. Sai, la memoria alla mia età gioca strani scherzi. Mi è difficile ricordare quello che ho fatto poco prima ma non cancella neppure un episodio della mia vita remota. Ricordare per me equivale a rendere eterna la giovinezza. Voglio ricordare solo gli attimi più belli della mia vita.”

“Nonno, ho un regalo da darti. Riuscirai a mangiarli?  Li ho fatti io per te. Questi biscottini sono natalizi. Sono gli omini di pan di zenzero che ci hanno fatto preparare a scuola per donarli a chi vogliamo bene. La maestra ci ha preparato l’impasto. Ci ha detto che ha messo la farina, lo zucchero, l’uovo, il burro, il miele, il lievito e le spezie.  Ci ha fatto imparare a memoria i nomi per poterli dire a casa: zenzero, cannella e chiodi di….un fiore, ma non mi ricordo quale.  

Noi abbiamo steso la sfoglia e poi con le formine degli omini abbiamo fatto i pupazzetti. Ci abbiamo messo anche i bottoncini e il fiocchetto al collo sempre fatti con la pasta del biscotto. La maestra ci ha detto di aggiungere, con la fantasia, un ingrediente segreto. Io ci ho aggiunto un chilo di affetto.

Li abbiamo infornati nel forno della mensa. Poi con la glassa ci abbiamo fatto tanti disegnini.”

A questo punto il bambino abbracciò il nonno e gli diede un bacio.

Nonno Alfredo non si aspettava questo gesto d’amore così spontaneo e disinteressato perciò esclamò: “Grazie nipotino mio, includerò il tuo bacio e i tuoi biscotti nei miei ricordi più preziosi!”

Inserito il:09/12/2016 17:02:30
Ultimo aggiornamento:09/12/2016 17:15:07
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