Anita Zotkina (Natick, MA, United States) - Flying Away
Volare via
di Marialuisa Bordoli Tittarelli
Sedeva protetta nella piccola poltrona, ben avvolta in una calda coperta, le gambe rialzate appoggiate su un panchetto.
Guardava mestamente, oltre la larga finestra spalancata, l’enorme montagna con la cima ancora innevata.
Era quasi il crepuscolo.
Un largo raggio di sole rossastro filtrava tra le nuvole lattiginose e spesse e le accarezzava il viso.
Il forte dolore alla schiena, come una bruciatura ancora fresca in cui si fosse infilato un coltello tagliente, a tratti le faceva sfuggire un gemito sommesso.
Lacrime che non riusciva a trattenere si mescolavano alla luce che il sole appoggiava sui suoi occhi, immergendola in una confusa e incantata atmosfera arancione.
La mente vagava tra il reale e il sogno cercando di distrarla dalla sofferenza e dallo sconforto.
Le tornò, in mente Hans Castorp della Montagna incantata, come lei imbacuccato nelle coperte sul terrazzo del sanatorio svizzero e, per alcuni minuti, si perse nel ricordo di quella straordinaria lettura della sua giovinezza.
Poi i pensieri si incamminarono tristemente ad altri momenti di dolore, altre malattie, scivolando pericolosamente nello sconforto raddoppiando così le lacrime.
Fu allora che improvvisamente tutto quell’arancio tiepido e umido la spinse altrove e improvvisamente si ritrovò sul soffitto della bella stanza in cui abitava.
Non provò nulla di strano in quel suo fluttuare leggero; al contrario, una sensazione di indicibile felicità e leggerezza la sconvolse di gioia e allegria.
“Questa è vera felicità” - si sorprese dire ad alta voce e cominciò a godere di potersi spostare senza fatica, senza dolore, senza pena, senza peso da una parte all’altra, stando sempre in alto.
Infine si accorse della “povera cosa” che vide come accartocciata nella poltrona davanti alla finestra e con tremore e pena infinita vide se stessa, il suo corpo, com’era, come non si era mai conosciuta.
Ebbe un moto di pietà e tenerezza e il suo pensiero fu: “Ah ero così”, ma nella dimensione in cui ormai si trovava non c’era posto per alcun tipo di dolore.
Sono morta - la sfiorò il pensiero - ma anche questa scoperta non fu devastante, né la impressionò.
Si domandò dove fosse il tunnel e la luce che avrebbe dovuto vedere secondo i molti racconti che aveva letto sull’esperienze di premorte e si mise a cercare un’uscita.
Proprio allora la porta della stanza si aprì e un uomo entrò.
L’espressione del suo volto, mentre si accostava alla poltrona davanti alla finestra, esprimeva un tale incontenibile dolore che lei si sentì risucchiare ad una velocità impressionante e si ritrovò dentro la coperta, con la piaga nella schiena e il coltello che vi rigirava dentro.
Il viso che la stava guardando però era ora incredibilmente sereno, sorridente, amorevolmente commosso, trepidante, eh sì, felice.
“Sono contenta di non essere volata via” - disse.