Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale
Solo un piccolo cane
di Annalisa Rabagliati
Per me che sono un cane il tempo non esiste: non so che cosa sia il passato, anche se ho ricordi vivi; non so che cosa sia il futuro: non posso prevedere nulla, so solo aspettare. Io vivo nel presente e il presente spesso è deludente, ma io aspetto, con fiducia.
Sono un cane, sono solo un piccolo cane, ma vorrei sfogarmi con qualcuno. Lo so che voi umani avete ben altro cui pensare: guerre, terremoti, incendi, alluvioni e poi povertà diffusa, il problema dei migranti … E anche fra noi animali vi sono drammi peggiori del mio, se ne pubblicano tanti su Facebook … ma prendetevi cinque minuti: vi voglio raccontare la mia storia.
Mi chiamo come il protagonista di una serie televisiva molto famosa, ma la somiglianza con quel cane finisce qui, perché io sono piccolo, ho una vocetta petulante e sono di razza incerta. Ho un musetto carino, però: il pelo lungo, grigio, bianco e nero e alcuni ciuffi sulla testa che mi ricadono quasi sugli occhi, dandomi un’aria sbarazzina e sempre da cucciolo.
La mia vita è molto diversa da quella del divo dei telefilm: ho una padrona cui voglio molto bene e vivo nel cortile di una casa di campagna, facendo il mio mestiere, che è quello di abbaiare verso i passanti per difendere il territorio. La mia padrona non mi porta mai in giro, come fanno i padroni di quei viziati cani di città: lei non ha tempo, perché ha tanto lavoro da fare. Io trotterello nel cortile tutto il giorno e, si capisce, sporco dove mi trovo.
Anche lei mi vuole bene e ogni tanto mi porta con sé nell’orto, che si trova un po’ distante da casa, dove finiscono i campi e comincia il bosco. Mi piace correre nei prati e sono felice di poterlo fare distante da casa, senza paura di essere sgridato perché sporco.
Forse perché lei mi vede felice, un giorno mi dice di seguirlo nell’orto e mi mostra la mia nuova sistemazione: un recinto con una bella cuccia, una ciotola nuova per l’acqua e un’altra per la pappa. Mi dice che lì starò molto bene e che il mio nuovo compito sarà di proteggere le galline del pollaio lì accanto.
Mi porta da mangiare ogni sera ed ogni mattina, ogni tanto mi fa uscire per pulire il mio recinto, ma siccome io ne approfitto per correre verso casa, le pulizie avvengono sempre più raramente, così non è costretta a liberarmi per poi riacchiapparmi.
Viene spesso, però, a guardare l’orto ed io vorrei che si fermasse a parlare un po’ con me, invece mi lascia solo, tanto ho la compagnia di quelle stupide galline mie vicine!
Una notte arriva la volpe a far loro visita, ma io, chiuso nel mio recinto, che cosa posso fare? Il giorno dopo la padrona porta via le galline ed io rimango ancora più solo, tanto, come dice lei, lì ho tutto quello che mi serve …
Per fortuna c’è il sentiero vicino che usano tante persone ed ogni volta io abbaio per salutarle, ma solo una signora, che passa ogni tanto, viene a ricambiare il mio saluto, infila le dita dentro la rete del mio recinto e mi accarezza il nasino. Io mi piscio addosso dalla contentezza, quando la vedo. Lei mi dice che sono bello e simpatico e che, se potesse, mi prenderebbe con sé, ma purtroppo noi cani siamo considerati alla stregua di un oggetto ed io, come tale, sono di proprietà privata.
Passo il tempo abbaiando per richiamare l’attenzione e per rispondere ai latrati di un mio amico, che all’inizio veniva sempre a trovarmi, ma che ora è stato messo alla catena, perché non vada a finire sotto una macchina, dicono i padroni. Io non so chi stia meglio di noi due: io non ho la catena, ma sono solo, lui è legato, ma almeno sta nel cortile di casa sua, mah!
Mi sento proprio solo. Al mattino e alla sera mi viene sempre una gran nostalgia e mi metto a piangere, alla maniera dei cani, ululando. Qualcuno deve essersene accorto perché un giorno la mia padrona arriva con due signori, che mi guardano e le dicono che non può tenermi così, che loro sono della Protezione Animali e che ripasseranno a controllare se sarò tenuto meglio, altrimenti le daranno una multa. Non ho più visto nessuno. In compenso una notte viene un cane feroce che cerca di sfondare la rete metallica del mio recinto. Mi nascondo nella cuccia, ma lui riesce a ferirmi ed io ho tanta paura. La padrona mi mette dov’erano le galline, mentre viene riparata la rete. Ci sono pareti di assi di legno che mi impediscono perfino di guardare fuori, ma, per fortuna, il soggiorno dura poco e torno nella sistemazione di prima, da cui almeno vedo il sentiero.
I giorni passano, tutti uguali. Sto lì, aspettando che arrivi qualcuno, che la padrona mi porti la pappa, che venga la notte, che passi l’inverno gelido o l’estate afosa.
Mi rendo conto che metà della mia piccola vita la sto passando all’ergastolo, ma io sono innocente! Perché non posso correre nei prati? Perché non posso stare con la mia padrona? Eppure lei è buona con tutti e io lo so che mi vuole bene! Non mi fa morire di fame o sete. D’inedia, sì …
Oggi fa molto caldo ed io sono vecchio e mi sento sempre più stanco.
Da un po’ non ho neanche più voglia di abbaiare o di alzarmi. Mi sdraio qui e aspetto che passi il tempo, ma non riesco a chiudere gli occhi per assopirmi.
Ed ecco che arriva quella signora, mi parla, mi chiede se sto dormendo, se la sento o se non sono mica morto. Mi dice che sono bravo e bello e che devo avere pazienza, controlla se sto respirando, ma non può entrare per carezzarmi. Non capisce se la vedo o no e dopo un po’ se ne va, triste.
Ma io no, non sono triste, io sto molto bene adesso.
Sono vecchio e finalmente è arrivato il mio tempo, il tempo di uscire dal recinto e di correre, libero e felice, nei prati dell’eternità.