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Il legno storto dell’umanità
di Bruno Lamborghini
“Dal legno così storto come quello di cui è fatto l’uomo non si può costruire nulla di perfettamente dritto”, da questo aforisma di Kant trae spunto il libro di Isahia Berlin “Il legno storto dell’umanità” che riprende il pensiero di Immanuel Kant che considerava l’uomo, rispetto agli altri esseri viventi, caratterizzato dalla capacità di sbagliare, la libertà di fare errori e di fare il male, elementi che impediscono che il legno dell’umanità sia diritto.
Il tema del legno storto dell’umanità è stato recentemente oggetto di vari incontri anche in Italia, in particolare con riferimento al pensiero di Kant, grande filosofo tedesco del 700, il secolo della grande rivoluzione culturale, l’illuminismo, in cui ci si proponeva di far “luce” sulla ragione e sulla conoscenza umana, dopo secoli oscuri. Quanto segue riprende brevemente alcuni dei dibattiti di quegli incontri.
Il punto centrale del pensiero di Kant è che credeva fortemente nella possibilità di raddrizzare il legno storto di cui è fatto l’uomo e portare l’uomo al bene, anzi lo esigeva, ritenendolo possibile attraverso la ricerca di quell’ordine morale che è presente, anche se spesso occulto, in tutti gli uomini.
Nella sua opera più conosciuta “La critica della ragion pura” in cui si affrontano limiti e potenzialità della ragione umana, Kant indica i punti di appoggio su cui costruire il bene attraverso la conoscenza, la cultura, la formazione e la filosofia (come amore della saggezza).
Questo avviene con il passaggio dall’”essere” al “dover essere”, Kant è convinto che dallo storto può nascere qualcosa di perfettamente diritto, la capacità di far sviluppare il germe del bene in noi e costruire la giustizia, la pace, una società civile che faccia valere universalmente il diritto. Questo pur sapendo che il nostro legno storto è determinato da una animalità che di per sé è più potente dell’umanità.
Ma Kant, riconoscendo questo limite, afferma che “possiamo fare quello che possiamo, ma questo dobbiamo farlo nonostante le difficoltà”. La giustizia e la libertà sono un bene imperativo che Kant si pone davanti, come dovere. La legge morale è il riferimento costante, solo la legge morale rivela la possibilità di una vita indipendente dall’animalità naturale.
Kant è preoccupato che si tenti di raddrizzare il legno storto attraverso l’imposizione da parte di un governo o di una istituzione. Lo stato che vuole attuare con mezzi coercitivi la felicità individuale o la morale collettiva non raggiunge lo scopo e diventa oppressore. E’ un messaggio forte di Kant contro gli imperi, le monarchie, i poteri autocratici all’alba della Rivoluzione Francese ed è l’invito a cercare di costruire società civili e liberali. È anche un messaggio per noi che trova oggi una sua grande attualità.
Kant scrive anche sulla pace in anni turbolenti di guerre in un saggio intitolato “Per la pace perpetua”, un invito a costruire una pace senza limiti. Sa bene che la pace non è uno stato di natura, non è connaturata al legno storto dell’umanità, ma è un dovere assoluto quello di costruire la pace, superando la nostra natura. “Lo stato di natura è piuttosto uno stato di guerra, nel senso che, anche se non vi sono ostilità dichiarate, è però continua la minaccia che esse abbiano a prodursi”.
Stefano Mancuso dice che il pensiero di Kant non è utopico, astratto, ma si basa sul richiamo alla capacità di cambiare le cose e raddrizzare il legno da parte di tutti, se lo vogliamo e se usiamo gli strumenti giusti. Secondo quanto descrivono le cronache, Kant nel suo costante impegno, che dura tutta la vita, era rivolto ad aiutare a percorrere le strade del cambiamento come le strade oggetto delle sue lunghe camminate quotidiane attraverso i ponti di Koenigsberg.
Kant non usava toni catastrofici, ma proposte positive, non era un filosofo triste, ma fiducioso e convinto della possibilità di cambiamento morale e vitale dell’umanità in tutti. La sua visione di speranza forse gli veniva da una madre di grande fede cristiana, anche se Kant ha sempre dichiarato e difeso la sua laicità. Kant era un educatore che credeva nella formazione quale strumento determinante per affrontare il male naturale, la violenza e costruire nell’uomo una cultura che entra nella realtà e la eleva.
Anche Kant si chiedeva, come tanti, quale fosse l’origine dell’anomalia umana rispetto alle altre specie che determinava il legno storto, ma a lui interessava di più sapere che questa imperfezione poteva essere curata e vinta attraverso la conoscenza e la coscienza.
Certamente conosceva la Genesi biblica in cui Dio plasma il primo uomo e lo colloca nel giardino dell’Eden e poi quando Adamo con Eva mangiano i frutti dell’albero della conoscenza disubbidendo e vengono cacciati dall’Eden e patiranno perpetuamente il “peccato originale” e potranno salvarsi solo attraverso la grazia e la redenzione. Il “peccato originale” è la risposta data dalla religione cristiana sull’origine del legno storto umano e del male.
Kant conosceva anche Rousseau, grande pensatore dell’Illuminismo, che invece afferma che l’uomo nasce buono, ma è la società che lo corrompe, però Rousseau dice anche che l’uomo può ridurre o eliminare la sua imperfezione, perché nasce buono, diversamente da quanto pensava Kant.
Luciano Floridi, filosofo dell’informazione come infosfera globale, direttore del Digital Ethics Center di Yale, dopo anni passati a insegnare a Oxford, è recentemente intervenuto sul tema del legno storto di Kant. “Siamo beautiful glitch (glitch in elettronica significa “errori non prevedibili”) nell’universo. Entità incomplete, fragili, malleabili. Siamo nostalgici di qualcosa che ci manca e che ci spinge a cercare un senso. Siamo errori, ma siamo bellissimi, abbiamo intelligenza, coscienza, consapevolezza, emozioni, desideri. Qualcosa di interessante che la natura ha prodotto accidentalmente o che Dio ha voluto come progetto, in entrambi i casi siamo un’anomalia.
Ma con la possibilità però di cambiare in meglio noi stessi e la nostra società”. Floridi, in base alle sue ricerche sul rapporto tra l’uomo e la tecnologia, soprattutto quella digitale, dice che la tecnologia ci può aiutare a costruire un mondo migliore. “Ogni comparazione tra noi e le macchine è ridicola. L’intelligenza artificiale fa cose straordinarie, ma non è intelligente come noi”.
La questione se la tecnologia può aiutare a raddrizzare il legno storto dell’umanità è ripresa dal filosofo Maurizio Ferraris, anch’egli molto interessato al confronto con la tecnologia. In un recente intervento a Torino Spiritualità sottolinea che la tecnologia può essere la “stampella” dell’uomo nella sua imperfezione. Alcune sue considerazioni: diversamente dal pensiero di Rousseau l’umano non nasce perfetto per poi venire corrotto dalla società e dal sapere. Nasce storto e tutto quello che si può fare è renderlo un po’ più diritto proprio con l’aiuto della società, del sapere, della cultura e dell’educazione. Per Kant, l’umano è il solo animale che può essere educato rimediando così alle sue storture congenite.
Le imperfezioni dell’uomo, svantaggiato e debole per certi versi rispetto alle altre specie, lo spingono allo sviluppo della tecnica, della cultura e della società a livelli impensabili presso gli altri animali. La tecnica nasce da una mancanza che non si risolve, ma viene mitigata, articolata e nobilitata attraverso il ricorso ad apparati tecnici, che vanno dal bastone per camminare a Chat Gpt dell’Intelligenza artificiale generativa.