Aggiornato al 08/09/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

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Il cambiamento in Olivetti: quando e come ha mutato l’identità aziendale (Prima parte)

di Giuseppe Silmo

 

Recentemente, mi è stato richiesto di esaminare gli effetti del cambiamento in Olivetti in rapporto al mantenimento della fedeltà ai suoi valori e alla sua identità originari, quesito a cui non si può rispondere se non suddividendo la vita dell’Azienda in diversi periodi, perché ad ognuno di essi corrisponde una diversa realtà.

Questo resoconto non vuole essere un excursus storico sull’Azienda, ma un insieme di annotazioni, citazioni e testimonianze, che aiutino a tratteggiare i cambiamenti intervenuti a fronte dell’evoluzione tecnologica, delle trasformazioni dei prodotti e delle mutazioni strutturali e proprietarie, nei mutamenti dei valori olivettiani ritenuti costitutivi e della stessa identità aziendale.

Per rispondere alle varie situazioni, ho pensato di avvalermi della suggestione del titolo del libro di Piergiorgio Perotto: “Cambiare Pelle per salvare la Pelle”.[1]

Piergiorgio Perotto, in questo suo libro, scrive: “Volendo ritrovare le radici al modello di strategia che in queste pagine viene presentato, mi fa piacere pensare che esse risiedano nella visione di impresa che Adriano sviluppò […] e che […] precorse i tempi. Già in quegli anni l’espansione e il successo mondiale della Olivetti dimostrarono che una strategia basata, da una parte, sulla valorizzazione delle capacità creative di tutti i membri di una organizzazione, e, dall’altra, su una fabbrica generatrice di armonia e di bellezza attraverso i suoi prodotti, poteva essere un’arma vincente”.[2]

 

  1. La Olivetti di Camillo – Adriano: 1908-1938

Il periodo della “formazione”

Cambiare pelle per trasformare l’officina in una fabbrica moderna

  • 1908-1925: Officina artigianale
  • 1924: Adriano entra in “fabbrica”
  • 1925: Adriano inizia la sua azione per trasformare l’azienda da artigianale a industriale insieme a Gino Martìnoli, con pieno successo, continuità nel tempo e grande rispetto per le persone,[3] grazie all’organizzazione scientifica del lavoro, appresa durante il suo viaggio negli Stati Uniti di cui scrive anni più tardi: “Imparai la tecnica dell’organizzazione industriale, seppi capire che per trasferirla nel mio paese doveva essere adattata e trasformata”.[4]

Camillo scrive nel 1933 : “Tali metodi erano ispirati ai metodi americani, ma non furono scevri di una certa originalità e furono certamente meno brutali di quelli adottati nelle officine americane e in quelle officine europee che vollero pedissequamente imitare quelle americane”.[5]

In questi anni si forma l’identità aziendale fondata su quell’insieme intangibile di comportamenti e ideali che comunemente viene chiamato “Modello Olivetti” che meglio sarebbe chiamare “Paradigma Olivetti”.

Adriano ricorda una raccomandazione di suo padre Camillo: «Ricordati, - mi disse, - che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna; perciò ti affido una consegna: devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano da subire il tragico peso dell'ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro». [6] Il monito del fondatore è diventato parte del DNA aziendale, per cui in Olivetti non si licenzia.

 

  1. La Olivetti di Adriano: 1938 - 27 febbraio1960

Il periodo “classico” - Gli innovatori

Non si cambia pelle

 

Protagonisti dell’innovazione

Natale Capellaro: progetta la classe di calcolatrici MC24 (Elettrosumma 14, Multisumma 14. Divisumma 14, Divisumma 24, Tetractys); entrato a 14 anni come operaio, diventa progettista in Olivetti, azienda predisposta all’innovazione e a valorizzare le persone che con le loro competenze “creano” il prodotto, impostazione di base fertile e diffusa che ha portato a grandi risultati. Capellaro e gli altri progettisti come lui realizzano i prodotti che poi l’Azienda fa propri. Non c’è una sovrastruttura che pianifichi i loro progetti.

Ugo Galassi: ideatore, a partire dalla seconda metà degli anni ’50, della organizzazione commerciale Olivetti, prima in Italia e poi riprodotta in tutto il mondo, innovazione paragonabile, per il successo della Olivetti, alle MC24 di Capellaro. Crea e sviluppa la prima scuola di formazione commerciale a Firenze, il CISV (Centro Istruzione Vendite), inventa un modo di suddividere il mercato, in altri termini inventa una metodologia di lavoro.

Marcello Nizzoli: crea il design delle macchine per scrivere Lettera 22 e Lexikon 80, in cui si compie quel connubio tra tecnica e design che porta questi modelli all’esposizione permanente al MOMA di New York, a rappresentare, per la prima volta, l’arte in un prodotto di uso ordinario.

Mario Tchou: scienziato assunto da Adriano, sviluppa, in una villetta vicino a Pisa, con un piccolo gruppo di persone geniali, il calcolatore ELEA 9003, il primo al mondo con la tecnologia completamente a transistor, precedendo la stessa IBM.

Ettore Sottsass: il suo design dell’Elea 9003 è assolutamente innovativo sia da un punto di vista funzionale, sia da quello dell’architettura complessiva del sistema, tanto da meritare l’attribuzione del Compasso d’Oro nel 1959.

 

Identità aziendale

All’ingresso degli ex Servizi Sociali Olivetti, a Ivrea, è posta questa epigrafe, dettata da Adriano Olivetti nel 1958:

QUESTA NUOVA SERIE DI EDIFICI

POSTA DI FRONTE ALLA FABBRICA

STA A TESTIMONIARE

CON LA DILIGENTE EFFICIENZA

DEI SUOI MOLTEPLICI STRUMENTI

DI AZIONE CULTURALE E SOCIALE

CHE L’UOMO

CHE VIVE LA LUNGA GIORNATA

NELL’OFFICINA

NON SIGILLA LA SUA UMANITA’

NELLA TUTA DI LAVORO

 

Da qui, il senso dell’appartenenza a una grande famiglia che condivide gli stessi valori del così detto “Modello Olivetti”, ossia una diversa modalità di fare industria, fondata sul rispetto della persona; un’azienda che si sente responsabile verso i propri dipendenti, innanzitutto persone, non solo forza lavoro.  Come dice Adriano in suo scritto: “Il tentativo sociale della fabbrica di Ivrea, tentativo che non esito a dire ancora del tutto incompiuto, risponde a una semplice idea: creare un’impresa di tipo nuovo al di là del socialismo e del capitalismo.[7]

L’identità aziendale raggiunge il suo punto più alto, come pure il senso di appartenenza di una comunità che si riconosce nella Olivetti e nei suoi valori all’interno e al di fuori dell’Azienda. A tal proposito, si riporta una testimonianza di Enrico Sargentini:[8] «Avevo visitato molte fabbriche (tra cui le più note) in quel periodo, ma mai avevo visto il rispetto ed il senso di dignità che governavano i rapporti di lavoro che c’erano in Olivetti. […]  La Olivetti era una “comunità” di fatto! E da nessuna parte c’era traccia della men che minima “burocrazia”».[9]

 

  1. La Olivetti dopo Adriano 1960-1971 e l’ingresso del Gruppo d’intervento.

Il periodo “sospeso” tra un grande passato e un futuro da scoprire.

La crisi finanziaria della famiglia Olivetti del 1964 (fatta passare artatamente per quella dell’Azienda dal “salotto buono” della finanza italiana con a capo Enrico  Cuccia di Mediobanca, desideroso di riportare la Olivetti nei ranghi del capitalismo italiano) porta all’entrata del Gruppo d’Intervento (Fiat, Pirelli, IMI, Centrale), con l’imposizione della cessione della Divisione Elettronica alla General Electric.[10]

Protagonisti

Giuseppe Pero – Presidente dal 1960 al 1963.

Bruno Visentini Presidente dal 1964 al 1983

Aurelio Peccei - A. D. (uomo FIAT) dal 1964 al 1968

Roberto Olivetti – A. D. dal 1968 al 1971; con lui riprende l’elettronica

Paolo Volponi – Capo delle Risorse Umane dal 1964 al 1971

A proposito di Volponi, ricordiamo l’invito rivolto ai Gestori del Personale a muoversi come “una magistratura aziendale, senza Tribunale” (giugno1971): al magistrato senza tribunale si chiedeva di essere sempre un vigile mediatore tra gli interessi contrapposti, senza dar per scontato che la ragione dovesse per forza essere dalla parte dell’Azienda verso i Sindacati o del Capo verso il suo sottoposto, ma avendo la libertà di contribuire alla soluzione dei conflitti con una intelligente mediazione, avendo a disposizione un ampio scacchiere aziendale in cui muovere eventualmente le sue pedine, alla ricerca di equilibri possibili e di “collocare l’uomo giusto al posto giusto”. Tutto ciò, senza che venisse mai meno l’impegno alla valorizzazione delle risorse umane, alla ricerca di soluzioni organizzative e tecniche che migliorassero, sia a livello individuale che collettivo, le condizioni di lavoro, nelle fabbriche come negli Uffici. [11]

Tale “magistratura aziendale” rimane così per molto tempo, conservando il tratto dei valori olivettiani nei rapporti con le persone.

Piergiorgio Perotto - inventa la Programma 101, il primo personal computer al mondo.

Fine anni ’60: la nascita dell’elettronica scardina il modello tayloristico

Cambiare pelle per superare il taylorismo

Con l’elettronica, il modello produttivo introdotto negli anni ’30 non è più sostenibile. La catena di montaggio della Divisumma 24 ha più di 100 stazioni con fasi della durata media di 2 minuti. [12]

All’inizio degli anni ’70 la Olivetti risponde con le Unità di Montaggio Integrate (UMI), chiamate anche isole di montaggio, così le definisce Federico Butera, uno degli artefici principali, “un modello in cui i cicli di lavoro si ricomponevano in fasi molto più lunghe e venivano affidati a singoli operai o a team di lavoro con responsabilità di controllo”.[13]

 

 

UMI della Logos 270

 

Le UMI sono composte da circa trenta persone che costituiscono un gruppo autonomo che produce la macchina completa, della cui qualità è responsabile. Nelle UMI ogni persona produce un intero gruppo del prodotto che, finito, viene collaudato. Questa struttura aumenta la professionalità degli addetti e la flessibilità del gruppo, perché le mansioni al suo interno sono intercambiabili, con la drastica diminuzione dell’assenteismo e l’aumento della produttività. Ristrutturazione attuata con pieno successo nella produzione, non solo da un punto di vista qualitativo e quantitativo, ma con un miglioramento delle condizioni di lavoro e una sostanziale maggiore qualificazione degli addetti. Innovazione tecnico-organizzativa con una completa trasformazione delle modalità del lavoro, che ha coinvolto tecnici, sindacati, esperti di organizzazione. Esperienza unica nel mondo delle imprese italiane in quegli anni. [14]

 

È l’età della “conservazione” del “Modello Olivetti”, dove i valori fondanti di Camillo e Adriano costituiscono ancora i valori dell’Azienda in cui i dipendenti si riconoscono.

Alla fine degli anni Sessanta, inizio Settanta, l’organizzazione commerciale Olivetti ha raggiunto la massima estensione. Le Consociate sono salite a 30: 10 nelle Americhe, 14 in Europa, 4 in Asia, una in Sud Africa e una in Australia.

La struttura commerciale delle Consociate è paragonabile a quella italiana. Molti direttori di Consociata hanno iniziato il loro cammino in Olivetti al Centro Istruzione Vendite di Firenze, dove torneranno man mano che cresceranno nelle loro responsabilità commerciali. Le tecniche di vendita sono le stesse utilizzate in Italia.

I contatti con le Consociate e con il loro personale commerciale e tecnico sono continui. Le Consociate non sono entità separate, ma profondamente integrate, lo spirito Olivetti è lo stesso a Johannesburg come a Ivrea, si parla la stessa lingua in termini di valori aziendali, sociali e culturali. Ivrea è il faro a cui tutti si ispirano e guardano; sarà così per lungo tempo.[15]

 

  1. Beltrami “sul ponte di comando”[16]: settembre 1971-1978

Il periodo della conversione da meccanica ad elettronica

Cambiare pelle per riprendersi il futuro

L’operazione di cambiamento è attuata con successo nel settore della Pianificazione, del Progetto e della Produzione, con la piena trasformazione da azienda meccanica a elettronica, nel rispetto dei valori fondanti, senza licenziamenti (monito di Camillo ad Adriano: “Non licenziare!”) e delocalizzazioni, nonostante l’esubero di personale.[17]

Trasformazione, tuttavia, non sufficiente a salvare la Olivetti a causa della sottocapitalizzazione voluta dal Gruppo d’Intervento per mantenere l’Azienda sotto controllo e impedire quella alterità antisistemica di Adriano Olivetti.

Il capitale era di 60 miliardi nel 1964, è di 60 nel 1978.[18]

 

 

Progressivo indebitamento. [19]

Protagonisti

Ottorino Beltrami – A. D. da settembre 1971 al 1978.

Marisa Bellisario – 1972, Direttore Pianificazione Operativa.

Bellisario è molto critica nei riguardi della R&S di Giorgio Perotto per le aree Progetti, Software e Ufficio Architettura Sistemi.[20]

Alle dipendenze della Pianificazione Operativa viene creata la Pianificazione Prodotti, che, partendo dalla fase iniziale d’ideazione di un nuovo prodotto, porta al suo progetto, alla sua messa in produzione e commercializzazione, in rapporto dialettico con tutte le funzioni aziendali.[21]

 

Prodotti significativi

TC 800

A5 – A6 – A7

BCS

ET 101 - La prima macchina per scrivere elettronica al mondo.

  • 1977: Vendita dello stabilimento di Glasgow con la produzione della Portatile elettrica a pallina Lexikon 82. Il primo vulnus al “mondo Olivetti”. Il “popolo olivettiano” vive la notizia, tenuta quasi nascosta, molto male e intuisce che forse un’era sta finendo.[22]
  • 1978 - Abbandono della struttura funzionale per una struttura divisionale. I prodotti di informatica sono concentrati nel Gruppo Informatica Distribuita (GID), affidata a Marisa Bellisario, che comprende tutte le funzioni di progetto prima nella DR&S di Perotto. I prodotti per ufficio sono concentrati nella Divisione macchine per Ufficio, con le relative funzioni di progetto.[23] Scompare il Gruppo DR&S di Perotto, costituito nel1967, legato alla struttura funzionale.[24] Rimane la Direzione Centrale Ricerca affidata a Perotto, con funzioni di ricerca tecnologica non finalizzata ai prodotti.[25]

I valori fondanti sono ancora quelli olivettiani, come ha ben dimostrato il passaggio dalla meccanica all’elettronica. Sebbene ormai sia chiaro a tutti che la Olivetti stia cambiando e fatichi a mantenere la sua identità, l’Azienda ha ancora una competenza trasversale diffusa e il senso d’iniziativa individuale è apprezzata.

(Continua)

 


[1] G. Perotto, Cambiare pelle per salvare la pelle. Una nuova strategia basata su scenari, architetture e creatività per il rilancio delle aziende negli anni ’90. Milano1994.

[2] Ibidem., p. 23.

[3] F. Butera, G. de Witt, Valorizzare il lavoro per rilanciare l’impresa, Milano 2011, p. 17.

[4] A. Olivetti, Appunti per la storia di una fabbrica, in AA. VV., Olivetti 1908-1958, Ivrea 1958, p. 10.

[5] C. Olivetti, Nel primo anniversario della morte di Domenico Burzio, Ivrea 1932, p. 19.

[6] A. Olivetti, Città dell’uomo.  Discorso ai lavoratori di Ivrea, Torino 2001, p. 113.

[7] A. Olivetti, Città dell’uomo, Discorso ai lavorator di Pozzuoli, Torino 2001, p. 99.

[8] Enrico Sargentini, giovane ingegnere, che dopo aver partecipato ai corsi IPSOA, l’Istituto creato nel dopoguerra per forgiare i dirigenti industriali italiani con una visione internazionale, viene convinto da Adriano Olivetti a rimanere in Italia, anziché andare negli Stati Uniti, per realizzare con lui l’I-RUR nazionale. Da lui possiamo conoscere l’intero disegno, mai del tutto reso pubblico, per via delle opposizioni che poteva creare. La testimonianza di Sargentini si è concretizzata in un diario, depositato presso l’Archivio Diaristico Nazionale, che ha voluto condividere con me per scrivere Adriano Olivetti e il Territorio. Dai Centri Comunitari all’I-RUR.

[9] Archivio Diaristico Nazionale, E Sargentini, 3 anni con Adriano Olivetti. Ricordo di un sogno, Premio Pieve 2015, p. 10.

[10] G. Silmo, Olivetti Una Storia Breve, Ivrea 2017, pp. 230-239.

[11] A. Pichi, La gestione del personale: una magistratura aziendale senza tribunali, http://olivettiana.it/le-relazioni-del-convegno-spille-doro-dell11-novembre-2017-in-me-non-ce-che-futuro/

[12] F. Butera, G. de Witt, Valorizzare il lavoro per rilanciare l’impresa, op.cit., p. 18.

[13]  Ibidem, p.20.

[14] Ibidem., pp.20-21

[15] G. Silmo, Oltre le Consociate, i valori Olivetti, dalle steppe russe ai deserti africani, Le relazioni del convegno Spille d’Oro dell’11 novembre 2017 – “In me non c’è che futuro” – Olivettiana.it

[16] Dal titolo del libro: Ottorino Beltrami, Sul ponte di comando, dalla Marina militare alla Olivetti, a cura di Alberto De Macchi e Giovanni Maggia, Milano 2004.

[17] G. Silmo, Olivetti Una Storia Breve, op. cit., p. 274.

[18] Ibidem, p.314.

[19] Ibidem, p. 315.

[20] G. Casaglia, Informatica Olivetti 1970-1998, Roma 2023, p.59

[21] G. Silmo, Olivetti Una Storia Breve, op. cit., p.289.

[22]  Ibidem, p.314.

[23] G. Casaglia, Informatica Olivetti 1970-1998, op. cit., p.72

[24] ibidem

[25] Ibidem, p. 75.

 

Inserito il:19/05/2024 10:53:49
Ultimo aggiornamento:19/05/2024 19:25:22
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