Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale
Abracadabra: con le parole io creo
di Alessandra Tucci
Che le parole costruiscano la realtà non so quanto sia chiaro a questa specie d'uomo che lascia arrotolate le sue ali d'aquila convinto di essere destinato a zompettare come un pollo.
Serve sperimentare, smettere di ridurci ai soliti indolenti atti di fede.
Serve comprendere il potere, di averlo in dote esistenziale. Serve usarlo, sempre.
Abbandonando il sollievo di una qualche delega con deresponsabilizzazione, è un’illusione ed è fatale. Per il nostro essere.
Se non ci (ri)appropriamo della realtà verbale nel nostro rispettivo quotidiano, in quello collettivo, perdiamo la gran parte, se non tutto, del potere immenso concessoci e assegnatoci. In dono e missione.
E a nulla valga un conformato benestare alla fluidità gergale per slogan ed emoticon, in principio era il Verbo e deponendolo noi ci avviamo verso l'epilogo.
Se non (ri)qualifichiamo il nostro dizionario, rinunciamo agli strumenti per creare come vogliamo.
E siamo noi a permettere tale aberrante mutilazione creativa e percettiva di quel che siamo, di questo esistere terreno. Non il cielo, l’altro, il potere avverso o l’infame fato.
Si chiama libero arbitrio ed è neutro.
Se non diciamo basta ad impoverimenti lessicali guidati da alt(r)e sfere, ai verbali abbrutimenti dell’umana specie, alle facili letture che sfibrano ogni pulsione a scavare e ragionare per apprendere e magari affinare il nostro autonomo pensare, consentiamo noi un nostro (ri)modellamento a somiglianza e immagine di barbari stereotipi quantomai sterili e alienanti che nulla hanno in petto e nel cervello del nostro essere umani, quel che siamo:
Creature creatrici che allargano i confini del finito ad ogni soffio, sfrenatamente indifferenti allo spauracchio di un ignoto venduto come uomo nero. Il diverso che è uno sguardo in più sull’immenso.
Esseri così sono indomiti e proiettati all’infinito. Dentro sé. Nel mondo.