La Rivoluzione Francese (14) - Il Termidoro
di Mauro Lanzi
La vittoria di Fleurus aveva indubitabilmente cambiato il clima politico in Francia; il Terrore, che era stato accettato dai più come un male necessario per salvare la Rivoluzione, non sembra ormai così indispensabile, quindi l’opposizione al governo rivoluzionario rialza la testa; se almeno l’esecutivo fosse stato concorde al suo interno, forse gli attacchi al governo ed ai “Triumviri” si sarebbero potuti rintuzzare, ma proprio in questo momento si evidenziano divisioni e fratture, dovute anche a rancori personali o a interessi inconfessabili; si scivola quasi inavvertitamente verso la conclusione del dramma, la congiura che abbatterà il regime, portando Robespierre alla ghigliottina, evento che prende il nome dal mese in cui si verificò, il Termidoro. Ma vediamo come ci si arriva.
Il governo rivoluzionario era come un’idra a due teste, poiché era costituito da due Comitati, il Comitato di Salute Pubblica ed il Comitato di Sicurezza Generale, che godevano in teoria di uguali poteri e dovevano deliberare congiuntamente; in realtà, quello che si ricorda e viene più spesso menzionato è il CSP, dato anche il maggiore spessore politico dei suoi componenti; in effetti il CSP era venuto progressivamente erodendo le competenze del CSG, fino al colpo di mano del 27 Germinale (16 Aprile 1794), quando, su proposta di Saint Just, venivano assegnate al CSP le competenze per quanto riguarda la ricerca di congiurati e soprattutto il controllo sull’operato di tutti gli agenti e delegati che avevano fatto cattivo uso dei poteri discrezionali a loro affidati ; in questo modo, Robespierre, che volente o nolente, era divenuto agli occhi di tutta la Francia il vero capo del governo si trova a dover affrontare non solo l’ostilità del CSG, ma anche e soprattutto l’opposizione sotterranea, cementata dalla paura, di tutti i “proconsoli” che si sentivano minacciati dalla nuova legge. Se Robespierre avesse avuto ambizioni di potere assoluto, avrebbe fatto di questi personaggi che strisciavano ai suoi piedi cercando la sua protezione, i vari Freron, Barras, Tallien, Fouchè, Collot, i suoi più fedeli seguaci. Ma “l’Incorruttibile” disprezzava i miserabili che avevano abusato dei poteri illimitati loro concessi in nome della Salute Pubblica, che avevano macchiato l’immagine della Rivoluzione con i loro delitti e le loro ruberie, non faceva mistero dell’intenzione di trascinarli davanti al tribunale rivoluzionario; così questi diverranno i suoi più pericolosi nemici. Alla non breve lista dei potenziali avversari, Robespierre aggiunge altri nomi quali Carnot, il potente ministro della guerra, che aveva il torto di condurre le operazioni militari senza rendere conto a nessuno, e poi Pierre Joseph Cambon, che da tempo si era arrogato tutte le competenze in materia di finanza pubblica; a lui rimproverava un sistema finanziario prodigo con i benestanti e meschino ed oppressivo nei confronti dei meno abbienti; noi sappiamo che Cambon, stampando senza freni nuovi assegnati, fu uno dei principali responsabili dell’inflazione che opprimeva i più deboli, quindi, anche se indirettamente, Robespierre era nel giusto; Cambon sarà per lui un nemico radicale, implacabile.
Il 22 Pratile (10 giugno 1794) Couthon e Robespierre forniscono ai loro avversari un’ arma in più, un’arma formidabile; fu fatta approvare, senza previa approvazione del Comitato di Sicurezza Generale, una legge che ampliava i poteri del Tribunale Rivoluzionario e abbreviava drasticamente i tempi dei giudizi.
Couthon, autore del testo, dichiarò alla Convenzione: «Il tempo per punire i nemici del nostro paese non dovrebbe essere che il tempo di riconoscerli; si tratta più che punirli di annientarli... Non è questione di dare qualche esempio, ma di sterminare gli implacabili emissari della tirannia o di perire con la Repubblica». Il Tribunale rivoluzionario non aveva che la scelta tra l'assoluzione e la morte.
La definizione di «nemici del popolo» era così vaga che potenzialmente tutti potevano rientrarvi, poiché era sufficiente «ispirare scoraggiamento», cercare di «corrompere la morale» o di «alterare la purezza e la potenza dei principi rivoluzionari», non definendo per nulla cosa significassero tali termini così generali. Veniva così introdotto o rafforzato un clima di sospetto diffuso con la clausola che stabiliva che: «Ogni cittadino ha il potere di cogliere i cospiratori e i controrivoluzionari e di portarli davanti ai magistrati. Egli è tenuto a denunciare non appena sa di loro». Inoltre la legge rimosse qualsiasi garanzia per l'accusato. Non c'era più ormai alcun interrogatorio prima dell'udienza, né avvocato, né l'audizione facoltativa di testimoni. La Corte poteva pronunciare il suo verdetto su semplici presunzioni morali. Come proclamato da Couthon non si parlava nemmeno più di giustizia, ma di sterminio.
Il Grande Terrore giunge al culmine; nel periodo dal 23 Pratile all’8 Termidoro il Tribunale Rivoluzionario pronuncia 1285 condanne a morte, le teste cadono come tegole; salgono al patibolo, compattati da un cieco furore, personaggi di ogni estrazione, presunti cospiratori, ex agenti generali del fisco, paesani che avevano preso il lutto per la morte del Re, cittadini di zone invase che avevano accolto con troppa facilità od entusiasmo i prussiani; è un’orgia di sangue a cui la coscienza pubblica ormai si ribella, ancora di più preoccupa la vaghezza dei capi d’imputazione, l’arbitrarietà delle sentenze da cui nessuno più si sentiva al sicuro. Si crea così il terreno fertile per la congiura ormai in atto.
Robespierre ci mette del suo; l’11 giugno, ai Giacobini attacca duramente Fouchè, che pure presiedeva la seduta, criticando il suo comportamento a Nevers e a Lione; il giorno seguente, alla Convenzione, è la volta di Tallien, al quale molti rimproverano le estorsioni di Bordeaux: un mese più tardi i due saranno tra i protagonisti più attivi del 9 Termidoro.
Come se non bastasse, in conclusione al suo intervento, Robespierre si scaglia contro i cospiratori che da tempo conducono una campagna di odio contro di lui; sono intriganti che versano il veleno della calunnia nei cuori dei delegati in missione, attribuendo ogni colpa a Robespierre; da più parti si leva il grido “Chi sono?” “Fuori i nomi!”. Robespierre si sottrae, non fa nomi, né li farà quarantacinque giorni più tardi; così si scava la fossa!!
Il dramma si avviava alla conclusione; il 12 giugno è l’ultimo giorno che Robespierre compare alla Convenzione prima dell’8 Termidoro, 26 luglio; segue una lunga assenza, anche dai lavori del CSP e su questa inspiegabile latitanza molto si è discusso; c’è chi la attribuisce alla sua malferma salute, che fu certamente una concausa, ma c’è da considerare anche una componente psicologica, Robespierre sente montare il dissenso nei suoi confronti, le grida e gli insulti uditi l’8 giugno alla festa dell’Essere Supremo, gli hanno fatto capire che non ha più il controllo della Convenzione. Robespierre non è uomo da piegarsi ai compromessi, pure allo stremo delle sue forze deve tentare il tutto per tutto per salvare la Repubblica, ovvero l’idea che lui ne aveva; così, l’8 Termidoro, 26 Luglio, senza consultarsi nemmeno con Saint Just e Couthon, si presenta alla tribuna della Convenzione per pronunziare un discorso tanto violento, quanto prolisso e a volte confuso; comincia con il denunziare le cospirazioni sempre rinascenti, si scaglia contro le calunnie che lo dipingono come un dittatore pieno di astio contro l’Assemblea, rigetta sui suoi avversari, quei terroristi sanguinari, trasformatisi in Indulgenti, la colpa per gli eccessi della ghigliottina, attacca il Comitato di Sicurezza Generale ed i suoi agenti, che definisce un’orda di furfanti; ce n’è per tutti, per Carnot che avrebbe inviato al fronte i cannonieri di Parigi per disarmare il popolo, per Cambon finanziere prodigo e meschino, che pagava in numerario le pensioni più elevate ed in assegnati quelle più modeste. L’effetto del discorso fu tale che l’Assemblea ne decretò la stampa e l’invio ai comuni del testo.
Ma Robespierre non si arresta; lo Stato è alle prese, dichiara, con un nugolo di furfanti, una coalizione scellerata che coinvolge i massimi livelli del Governo, si è di fronte ad un complotto in cui erano coinvolti anche membri del Comitato di Salute Pubblica. L’Assemblea esplode, da più parti, anche da deputati della Montagna si levano grida “Fuori i nomi!” “Quando si ha il coraggio di dire la verità, si deve avere quello di fare i nomi di chi si accusa” ed altro; ancora una volta Robespierre si ritrae e tace: firma così la sua condanna a morte. Nella confusione generale il decreto di stampa del discorso viene cassato, la genericità delle accuse fa sentire tutti in pericolo.
Quello che accadde nella serata e nel corso della notte è tuttora oggetto di ricostruzioni contrastanti; i “proconsoli” corrotti sanno di essere perduti qualora Robespierre trionfasse, ma sanno anche che lui è in gravi difficoltà; i vari Tallien, Fouché, più Barras, che sarà il grande protagonista della nottata, si impegnano in lunghe trattative, che durano fino a notte tarda, per portare dalla loro parte il centro moderato, la cosiddetta “Palude”, che alla fine consente ad abbandonare Robespierre, a condizione che i montagnardi affaristi la aiutassero per porre fine al Terrore.
Il giorno successivo, il fatidico 9 Termidoro, alla riunione della Convenzione va in scena un copione accuratamente predisposto; Saint Just prende la parola per pronunziare un abile discorso, che rovescia sugli avversari tutte le accuse del giorno prima, ma il presidente (guarda caso, Tallien) lo interrompe accusandolo di parlare a nome proprio, estraniandosi da CSP; “Sono qui, aggiunge, per strappare il velario”. Segue un crescendo di accuse contro Robespierre, che viene incolpato di aver protetto i seguaci di Hebert e Danton, nobili e barattieri, di essere l’unico responsabile dei decreti del 22 Pratile, quindi di agire da dittatore; grida “Morte ai tiranni” risuonano da più parti. Robespierre vorrebbe ribattere ma gli viene negata la parola da Collot, ora alla presidenza, mentre c’è chi si scaglia contro il nuovo Cromwell. A questo punto il colpo di scena ben preparato; due oscuri delegati della Montagna chiedono la messa in stato di accusa di Robespierre e dei suoi complici; quasi d’impeto, la Convenzione vota per l’arresto dei due Robespierre (Maximilien ed il fratello Augustine), di Couthon, Saint Just, Hanriot ed altri ancora. Sono le cinque del pomeriggio, la partita è ancora aperta, il Comune non ha ancora detto la sua; le prigioni infatti si rifiutano di accogliere gli accusati e, nella confusione che ne segue, un riluttante Robespierre viene trascinato dai suoi fino all’Hotel de la Ville: comincia un’altra lunga nottata. Robespierre comincia a scrivere quello che potrebbe essere un appello al Comune, ma si interrompe, non vuole, in un supremo gesto di dignità, gettare l’uno contro l’altro Comune e Convenzione, per salvarsi. Le sezioni, alcune almeno, si muovono comunque, di propria iniziativa; verso le 5:30 Hanriot con un pugno di gendarmi cerca di espugnare l’Hotel de la Ville, ma è sopraffatto e catturato; altre sezioni si mobilitano, i portoni vengono sfondati, Hanriot liberato, ma non si arriva fino a liberare Robespierre; i proletari, le guardie nazionali esitano, privi di istruzioni si ritirano, manca il proclama che avrebbe scaldato gli animi, il proclama di Robespierre.
Notte tra il 9 e il 10 Termidoro. Ferimento di Robespierre
L’iniziativa allora torna nelle mani dei congiurati: Barras, al quale la Convenzione ha affidato il comando di tutte le forze armate di Parigi, riunisce volontari nelle sezioni moderate, insieme a gendarmi di provata fede e li invia all’assalto dell’Hotel de la Ville; l’irruzione riesce, qualcuno tenta di fuggire, uno dei fedelissimi, Lebas, si suicida con un colpo di pistola; Robespierre stesso è ferito al volto, la mandibola fracassata; secondo alcuni per un maldestro tentativo di suicidio, secondo altri per un colpo sparato da un gendarme. I superstiti, 22 in tutto, i due Robespierre (Maximilien ed il fratello Augustin), Couthon, Saint Just ed altri vengono arrestati, Robespierre con una fasciatura provvisoria sulla sua ferita. Tutti vengono ghigliottinati il giorno seguente, 10 Termidoro; a Robespierre il boia prima dell’esecuzione strappa la fasciatura, il disgraziato lancia un urlo disumano.
Notate bene: il tutto avviene senza alcun processo e senza che venga pronunziata una condanna!! Nei giorni successivi altri 108 seguaci di Robespierre o rappresentanti del Comune sono mandati a morte in modo analogo.
Così, la tanto auspicata fine del Terrore inizia con un bagno di sangue.
Esecuzione di Robespierre e dei suoi amici